Vysočina n. 3. Da Světlá nad Sázavou a Lipnice nad Sázavou

A piedi da Světlá nad Sázavou a Lipnice nad Sázavou. Questo post è la storia di una gita che ho fatto a Vysočina nel 2020. Non ho mai avuto tempo di ricordarla come si deve, ma merita un po’ della mia attenzione. È la storia di una collina punteggiata di laghetti, un monumento nella roccia più unico che raro e tanti, tanti meli lungo la via. Questo post profuma d’estate.

Confini di distretto in mezzo al nulla

22 ago 2020. Světlá nad Sázavou mi sembra un posto strano. O per lo meno, questa è l’impressione che mi fa appena scendo dal treno, arrivato (in ritardo) sotto un cielo carico di nuvole argentate. L’aria estiva è umida e appiccicosa.

La stazione principale (sì, ce n’è anche un’altra e c’è un motivo se lo dico) mi ricorda vagamente Šakvice, il paesino di Pálava (Moravia del Sud) in cui sono stata un paio di volte l’anno scorso. E poi, anche se non c’entra molto, mi ricorda le piccole stazioncine locali della Romania. Le ho viste solo scorrere fugaci dal finestrino: i treni veloci da Bucarest non ci si fermavano quasi mai, ma a volte rallentavano abbastanza perché si vedesse qualcosa: la banchina di cemento, una panchina, una casetta che fa da stazione vera e propria, un cartello arrugginito.

La stazione è vuota e silenziosa. Alla mia fermata è scesa solo una coppia con una valigia gigante. Lui è un uomo di mezza età, lei sembra asiatica. Mi chiedo cosa ci facciano qui. Un treno merci è parcheggiato sulle rotaie come in attesa del verde. Non riesco a vederne la fine.

Attraverso le rotaie verso l’edificio della stazione. Il cartello è vecchio, quasi vintage – amo questi vecchi cartelli ferroviari. La čekárna (sala d’attesa) è minuscola ed è occupata per metà dalla solita macchinetta del caffè con la foto gigante della solita ragazza con i capelli rossi che beve il caffè. Mi chiedo quanti anni abbia oggi quella ragazza: stava già bevendo caffè quando sono arrivata in Repubblica Ceca io, quattro anni fa.

Esco dalla stazione, attraverso il ponte sul fiume Sázava e proseguo verso il centro, che, piccolo e raccolto, si estende su entrambi i lati di un ponte. Degni di nota sono un interessante zámek (castello), la chiesa principale (affacciata sulla piazza centrale), via ‘Na bradle’ (la via del centro) e un museo locale. La vista del fiume dal ponte centrale è la mia preferita.

Mentre cammino svelta lungo la strada principale, mi dico che Světlá dev’essere piuttosto nota per la produzione locale di vetro e cristallo. Ciò spiegherebbe perché, di una decina di negozi affacciati sulla via del centro, almeno quattro vendono cristalli.

Světlá nad Sázavou

Světlá nad Sázavou

Světlá nad Sázavou. Castello

 

Radostovinský kopec e tutti i suoi laghetti

Torno verso il lungofiume e salgo per via Wolkerová fino al parco del castello, un mosaico di sentieri, ponticelli e laghetti. Nel parco mi perdo come si deve, poi torno verso il sentiero principale e proseguo verso i campi fuori dal paese.

So quello che faccio: ho un piano. Sto andando a sud verso Radostovinský kopec, la zona collinosa fra Světlá e Lipnice nad Sázavou. Attraverso il villaggio di Závidkovice e in un attimo sono nel bosco.

Radostovinský kopec è tanto difficile da pronunciare quanto piacevole da girare. È una vera e propria collina (kopec in ceco) interamente coperta di boschi e punteggiata di laghetti che fanno venire voglia di vederli tutti. Sono proprio i laghetti a fare il percorso – per lo meno per me senz’altro è stato così. C’è un motivo se questo singolare hoppipolla fra bacini d’acqua funziona così bene: è che i laghetti si chiamano come i numeri. Non li ho visti proprio tutti, ma anche solo fare a zig zag lungo il sentiero principale e vederne alcuni è bello – e in salita.

Il primo laghetto che trovo lungo la via è Hranice. A momenti lo passo senza neanche accorgermene. Poi intravedo qualcosa fra gli alberi, faccio tre passi indietro e scendo lungo il sentiero (leggermente ripido) fino alla riva. Ci sono pace, silenzio e acqua piatta come uno specchio. Le rocce sembrano così vanitose, quasi a volercisi guardar dentro da tutt’intorno. Resto lì un attimo e provo a immaginare come si vede dall’alto: una gemma verde acqua in un mare verde scuro.

Hranice

Il laghetto numero due è praticamente adiacente a Hranice e si chiama Pětka, che ricorda il numero cinque (in ceco ‘cinque’ si dice pět). Mi siedo su una roccia sulla sponda. A rompere il silenzio è solo una ragazza in kayak, che rema pigramente da un lato all’altro del laghetto. Lì vicino c’è un paio di amici che la tengono d’occhio. Mi viene da chiedermi come abbia fatto a mettere il kayak nel laghetto e poi a sedercisi dentro. Mi allontano prima di pensarci su più del dovuto e vado verso il laghetto numero tre.

Questo qui si chiama, ironia della sorte, Trojka, che in effetti vuol dire ‘numero tre’ (‘tre’ in ceco si dice tři). Coincidenza? In effetti sì, è proprio una coincidenza. Se arrivate a Radostovinský kopec da Lipnice (e non da Světlá, come ho fatto io), Trojka sarà il settimo o l’ottavo laghetto che troverete lungo la via. Non leggiamoci troppo in queste sponde rocciose. Non ancora.

Mi appoggio a una roccia per uno spuntino e contemplo la vista. Questo laghetto è il più grande e ‘affollato’ tra quelli che ho visto finora. Un paio di famiglie e alcuni bagnanti solitari cercano di sfruttare al meglio questa piscina naturale: prendono il sole (ora pallido), camminano sulle rocce e, ovviamente, nuotano. Eppure l’impressione è quella di un angolo di profondo silenzio nel bosco.

I laghetti non sono l’unica peculiarità della collina. Man mano che ci si avvicina a Lipnice, questi vanno ad affiancarsi alle rocce che formano il Národní památník odposlechu (Monumento Nazionale all’Origliare). E qui viene il bello.

 

Il Národní památník odposlechu (Monumento Nazionale all’Origliare)

Il Národní památník odposlechu è uno dei principali luoghi di interesse nell’area fra Světlá e Lipnice nad Sázavou. Il progetto, opera dello scultore ceco Radomír Dvořák, comprende quattro sculture sparse nella foresta poco fuori Lipnice.

A prima vista questo monumento appare semplicemente ‘buffo’, ma non sottovalutatelo: è molto più della ‘caccia al monumento’ che sembra.

Národní památník odposlechu

Národní památník odposlechu. Una bocca!

Národní památník odposlechu

Národní památník odposlechu. Lo vedete l’orecchio?

Delle quattro parti che lo compongono, la bocca, l’orecchio e gli occhi furono realizzati fra il 2005 e il 2007 su tre pareti rocciose che sovrastano altrettanti laghetti nel bosco. La testa, scolpita nel 2013, si trova in un prato vicino allo stradone che collega Lipnice e il villaggio Dolní Město.

Il památník dev’essere parecchio noto nella zona, e si vede: non solo il sentiero che collega ognuno dei quattro siti è ben segnalato da cartelli appositi, ma ho anche incrociato diversi turisti ‘a caccia’ del monumento lungo la via.

La bocca è quella che ho visto per prima. L’ho trovata scolpita nella roccia sopra il laghetto Dvojka (‘numero due’). L’opera, il cui nome ufficiale è Ústa pravdy (Bocca della Verità), è ispirata all’omonimo (e più noto anche a livello internazionale) monumento italiano conservato a Roma, su una parete fuori dalla chiesa di Santa Maria in Cosmedin. La bocca ceca ha un aspetto obiettivamente ben più sensuale dell’originale romano, molto più simile a una maschera del teatro.

La scultura dell’orecchio si affaccia sul laghetto Jednička, letteralmente ‘numero uno’ (dal ceco ‘jedna’, ‘uno’), ed è molto vicina a quella della bocca. È noto come Bretschneiderovo ucho (Orecchio di Bretschneider), che a sua volta prende il nome da un personaggio del noto romanzo ceco ‘Dobrý voják Švejk’ (‘Il buon soldato Švejk’) di Jaroslav Hašek.

Per arrivare alla terza parte del monumento proseguo lungo il sentiero, che attraversa la strada principale e poi rientra nel bosco. Passo altri tre laghetti (Váha, Prostřední and Metelka), e anche un paio di sculture in fango e argilla ‘sedute’ lì nell’erba, un po’ inquietanti. Al bivio tengo la sinistra e, poco più avanti, mi ritrovo davanti al laghetto Hřeben I e, proprio appena sopra l’acqua, vedo due occhi giganti che mi fissano. È, appunto, la terza parte del monumento, Zlatý voči or Zlaté oči (Occhi d’Oro).

Mi rendo conto che so poco o niente di questa scultura: non mi è riuscito di trovare informazioni da nessuna parte. Sarà un’allusione all’occhio divino che tutto vede? C’è anche la linea drittissima che disegna un triangolo tutt’intorno agli occhi, ma anche di quella non conosco il significato. Una cosa, però, posso dirla, e riguarda le iscrizioni sugli occhi. Le fonti online che ho trovato dicono che sui bulbi oculari sono riportate le parole ‘Enter’ (‘entrare’), ‘Exit’ (‘uscire’) e ‘Home’ (‘casa’). Io riesco solo a vedere ‘Home’ (occhio sinistro) e ‘Enter’ (occhio destro), per cui se voi vedete anche ‘Exit’ ditemelo, perché sono qui a fissare la roccia da mezz’ora, ma non ho trovato altro.

Národní památník odposlechu

Národní památník odposlechu. Gli occhi!

‘Home’ e ‘Enter’

 

Per arrivare al quarto pezzo del ‘puzzle’ devo tornare alla strada principale e andare avanti un pezzo verso il villaggio Dolní Město. Super il (parecchio bizzarro) Monumento Nomen Omen, che si trova all’ingresso della fabbrica Granit Lipnice. È composto da lettere di granito che, messe insieme, formano il nome della fabbrica stessa.

Proprio lì, dall’altra parte della strada, vedo il sentiero nell’erba che mi porta alla testa. È Hlava XXII (Comma 22), quarta e ultima parte del památník odposlechu, nonché, direi, quella con il significato più complesso*.

La scultura sembra una gigantesca testa destrutturata poggiata sull’erba. È stata aggiunta al progetto del monumento in occasione del 130° anniversario della nascita di Hašek. Già il posto in cui si trova non è una coincidenza: pare che lo stesso Hašek abbia attraversato quello spiazzo mentre andava da Radostovice a Kocharov, due villaggi nella zona.

Credo che il nome ceco della scultura nasca da un gioco di parole intorno alla parola hlava, che vuol dire sia ‘testa’ sia ‘comma’ nell’accezione legale del termine. E infatti il monumento non solo ha la forma di una testa (quella di Hašek), ma allude anche, in modo tutt’altro che velato, al noto romanzo di Joseph Heller ‘Comma 22’ (in inglese ‘Catch 22’).

La scultura riporta due iscrizioni. Una è una citazione dal romanzo di Hašek ‘Il buon soldato Švejk’’ in dieci lingue. L’altra (solo in ceco) è un ‘motto’ da ‘Tempo scaduto’, il (meno noto) seguito di ‘Comma 22’. Il personaggio di Yossarian citato nel motto è il protagonista di entrambi i romanzi di Heller.

Il legame fra Hašek e Heller è intenso e noto, per cui le iscrizioni sulla testa non fanno che confermare ulteriormente il nesso fra i due autori e i loro rispettivi lavori. La critica letteraria ha spesso accostato ‘Il buon soldato Švejk’ di Hašek e ‘Catch 22’ di Heller e i rispettivi protagonisti: le due opere affrontano temi analoghi. Inoltre, nel romanzo di Heller a un certo punto figura un soldato più anziano chiamato Švejk. È a questo Švejk che si rivolge Yossarian nella citazione-motto sulla scultura – e questa no, non è una coincidenza.

Národní památník odposlechu. Hlava XXII

Mentre osservo la testa sotto il sole cocente, non posso fare a meno di pensare a quanto sia super affascinante la costruzione concettuale alla base del progetto. Questo è decisamente il pezzo di monumento che preferisco.

 

Lipnice nad Sázavou

Per arrivare a Lipnice dal sito della hlava torno sulla strada principale. Sconfino brevemente nel distretto di Pelhřimov, costeggio per un pezzo il laghetto Kamenná trouba, poi comincio a salire verso Lipnice, sempre lungo la strada principale.

La strada va su, poi su, poi ancora su. mentre avanzo il sole è sempre cocente e io riesco solo a pensare a una panchina all’ombra. Poco alla volta il paesaggio intorno a me diventa sempre più urbano finché, a un certo punto, Lipnice prende forma davanti a me.

Finalmente arrivo e, all’improvviso, le nuvole. Oggi non riesco a star dietro al meteo. Ma apprezzo molto le nuvole, e alla fine mi ritrovo davvero seduta su una panchina all’ombra del castello.

I due monumenti principali di Lipnice si contendono la cima della collina. Sono la Chiesa di San Vito (Kostel Svatého Víta), con i suoi tetti rossi e le mura bianche, che nel sole di agosto diventano accecanti, e il castello, veramente magnifico. Ogni lato sembra quasi preso in prestito da un edificio diverso, per cui, a metterli insieme, è come leggere la storia del castello sui suoi stessi muri. L’effetto d’insieme è profondamente evocativo. Va da sé che, poi, la vista dal castello sulle colline tutt’intorno a Lipnice è pure splendida: colline verdi e campi senza fine.

Ci sono turisti sulle strade e intorno al castello, eppure l’atmosfera è calma e rilassata. Certo, a Lipnice il ricordo di Jaroslav Hašek è tanto vivido quanto lo era al sito della Hlava XXII. Proprio a Lipnice, infatti, l’autore dei libri di Švejk (sì, ce n’è più di uno) è morto nel 1923, per cui il villaggio ospita un museo dedicato a vita e opere di Hašek. Il museo si trova praticamente ai piedi della collina del castello, mentre proprio fuori dal ristorante e hotel ‘U české koruny’ c’è una status di Švejk ‘in persona’.

Lipnice nad Sázavou

Lipnice nad Sázavou. San Vito

Castello di Lipnice

Lipnice nad Sázavou. Castello

 

Da Lipnice il mio piano iniziale era arrivare a piedi fino a Havlíčkův Brod. Adesso però mi rendo conto che non arriverei in tempo per prendere l’ultimo treno per tornare a casa. Decido quindi di tornare a Světlá, ma di fare un altro percorso rispetto a quello della mattina.

Prendo la via principale che da Lipnice va verso Havlíčkův Brod. Tutt’intorno ci sono campi e alberi ricchi di foglie mosse dal vento leggero. In un campo vedo ancora qualche girasole inaspettatamente abbastanza rigoglioso. Circa un km più avanti prendo il sentiero sulla sinistra. I cartelli dicono che il percorso blu dovrebbe riportarmi a Světlá. Mi fido del percorso blu e vado.

Il percorso blu non tradisce, tanto che, arrivata nella piazza di Světlá, riesco anche a fare altri due passi per la via.

Quando è ora di andare in stazione, guardo la mappa e vedo con gioia che la fermata ‘Světlá nad Sázavou město’ è a soli dieci minuti a piedi da me.

 

Epilogo

Attraverso la strada per entrare in stazione, solo che è quella sbagliata. Il mio treno per Brno parte fra venti minuti dalla fermata ‘Světlá nad Sázavou’, che non è quella in cui sono ora. Devo correre – e magari correre alla stazione giusta. Per fortuna Světlá non è una metropoli, per cui arrivo in tempo.

Il treno non è particolarmente affollato, ma i posti singoli sono tutti occupati. Trovo una posizione molto poco comoda in uno dei posti corridoio. La situazione virus va abbastanza bene al momento, ma il distanziamento sociale mi sembra comunque una buona idea. Guardo fuori dal finestrino mentre arriva il tramonto e penso.

Girasoli tardivi in un campo

Fine estate imminente

Di ogni viaggio, che sia il sogno di una vita o la gita improvvisata a due passi da casa, c’è sempre qualcosa che ci resta dentro, qualcosa che poi, anche a distanza di tempo, continua a parlarci di quel posto. Il giro da ‘Světlá a Lipnice non fa eccezione.

Se dovessi fare un elenco, probabilmente includerebbe tre punti. Uno sono i meli. Ho visto così tanti alberi di mele a Světlá e dintorni come forse mai prima. I meli erano ovunque: nei giardini delle case dalla stazione al centro; lungo il sentiero che porta a Závidkovice; qua e là anche nei campi, come a regalare i propri frutti a tutti, quando saranno maturi.

Il secondo punto in elenco è la lontana, eppure netta sensazione che è ufficialmente iniziata la fine dell’estate. L’ho pensato due volte oggi: mentre mangiavo le prugne dell’albero seduta sulla panchina fuori dal museo di Hašek e, poco dopo, mentre uscivo da Lipnice. Ricordo di aver guardato i campi di frumento in lontananza e aver pensato che erano di un giallo oro più scuro.

Il terzo futuro-ricordo più vivido è, ovviamente, il monumento, che vi consiglio davvero di andare a vedere, se e quando vi troverete in zona. Il sentiero nella foresta è ben segnalato da cartelli colorati, per cui non rischiate di perdere ‘pezzi’ lungo la via. E se per caso vi perdete, vi basterà fermare il primo che passa e chiedergli: ‘Dov’è l’orecchio?’ o ‘Non trovo la bocca’. Ci sono buone probabilità che saprà esattamente di cosa parlate.

 

* Ho solo una conoscenza superficiale dei libri di Hašek e dei romanzi di Heller: non ne ho (ancora) letto neanche uno. Le osservazioni incluse in questo post sono in gran parte frutto della lettura di fonti online in ceco sul monumento. La spiegazione del duplice significato della parola hlava non è presa in prestito da alcuna fonte, ma unicamente basata sulle mie conoscenze linguistiche. Ulteriori contributi, commenti e/o chiarimenti sull’argomento sono quindi più che ben accetti.

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