Questo post parla principalmente di amore. Cioè, parla di viaggi, di come viaggiare nel 2020 e di viaggi fatti e rifatti in giro nella stessa regione. Perché? Perché è vicina-ma-non-troppo, perché i suoi paesaggi sono splendidi e diversi fra loro e bellissimi e perché più vedo posti più voglio vederne altri. Non è facile spiegare questo nonsoche di familiare, questo forte legame con un luogo. Lo chiamerò la mia personalissima storia d’amore con Vysočina.
4 nov 2020. Il 2019 è l’anno in cui ho viaggiato di più nella mia vita. A ripensarci ora, posso senz’altro dire di aver fatto almeno un viaggio al mese, se non di più. Sono andata a nord, in Norvegia per la settima volta, in Finlandia per la seconda e in Danimarca per la prima (e sicuramente non ultima).
Sono andata a est, per la primissima volta in Romania e per la terza volta in Polonia per partecipare a un matrimonio molto speciale (non il mio). Sono anche andata a sud, in Croazia (anche qui per la prima volta) e, ovviamente, in Italia, sia a trovare la mia famiglia sia per partecipare a un altro matrimonio molto speciale (sempre non mio).
Il 2020 è partito nel migliore dei modi. Non era neanche metà gennaio e già avevo fatto un weekend lungo a Reykjavik: il primo viaggio in Islanda.
Sappiamo tutti cos’è successo di lì a poco. Ci è voluto un po’ per abituarci all’idea che era in corso una pandemia globale e la vita a cui eravamo sempre stati abituati stava cambiando così tanto, così di botto e così in fretta. Ma alla fine l’abbiamo capita.
La pandemia globale ha fermato un bel po’ anche i viaggi all’estero. Per me ha significato niente più viaggi per il resto dell’anno. Ho fatto giusto in tempo a tornare in Italia a trovare mia mamma e la mia famiglia qualche settimana prima che introducessero misure restrittive. Di nuovo. Il secondo lockdown non è mai stato dichiarato ufficialmente, ma si sente e chissà per quanto durerà.

4 ott 2020. Kozlovské skály

27 set 2020. Vírská přehrada

18 ott 2020. Boschi intorno a Velké Dářko
Eppure, guardo al 2020 ed è pieno di gite. È un album denso di uscite in bici, viaggi in treno e gite in auto, colline verde brillante, laghetti azzurri, sentieri tortuosi e campi aperti. Il 2020 è una gigantesca raccolta di gite in giro per la Repubblica Ceca.
Che non vuol dire che lo ‘stile’ dei viaggi di quest’anno possa rimpiazzare i viaggi all’estero. Gite ‘interne’ e viaggi all’estero sono due facce della stessa medaglia: sono fatti per coesistere. Quest’anno, però, visto che andare all’estero era impossibile, proprio le gite ‘interne’ hanno fatto la differenza e sono servite tantissimo a non farmi impazzire completamente.
Ciò detto, è anche vero che non ho viaggiato con la stessa frequenza in tutte le direzioni. Se dovessi segnare su una mappa i posti in cui sono stata quest’anno, so bene che aspetto avrebbe. A parte un paio di giri in bici in Moravia del Sud, tutti i viaggi fatti nel 2020 mi hanno portato e riportato sempre nella stessa zona: Vysočina.
Vysočina (‘altopiano’ in italiano) è la regione della Repubblica Ceca che si trova fra Boemia del Sud e Moravia del Sud. ci ero già stata nel 2019, quando ho visitato Žďár nad Sázavou per la prima volta. Al tempo sembrava una gita occasionale. Un sabato cercavo un posto in cui andare che non fosse Pálava e così un po’ a caso mi sono ritrovata sul primo treno per Žďár.
Quel giorno mi sono sentita quasi una turista: ho preso su una mappa della città al Centro Turistico nella piazza principale, ho cercato di vedere il più possibile in un giorno solo e, ovviamente, sono salita sulla collina chiamata Zelená hora a vedere il monumento (e sito Unesco) per cui Žďár è soprattutto conosciuta: la Chiesa di pellegrinaggio di San Giovanni Nepomuceno (Poutní kostel svatého Jana Nepomuckého).

31 ago 2019. Žďár nad Sázavou, ponte barocco

31 ago 2019. Žďár nad Sázavou, Zelená hora

31 ago 2019. Žďár nad Sázavou, Zelená hora (chiostro)
Tutte le gite a Vysočina dopo quella giornata a Žďár sono ‘successe’ nel 2020 e perfino quest’anno all’inizio sembravano giri occasionali. Ho scoperto della Dalešická přehrada (diga di Dalešice) quasi per caso, ma ho subito pensato di volerci andare. La Dalešická přehrada è uno di quei posti che si raggiunge molto più facilmente in macchina: con i mezzi pubblici o dovete comunque fare un bel pezzo di strada a piedi fino al lago o il viaggio dura un sacco per via dei numerosi cambi.
Un mattino presto verso fine febbraio ho preso (un po’ a caso) il treno per Náměšť nad Oslavou e sono andata a piedi fino a Hartvikovice e, soprattutto, Wilsonová skála (Roccia di Wilson). Era un bel pezzo a piedi ma, oh, che meraviglia. La vista del lago bagnato dal sole invernale in completa solitudine dava un senso di pace infinito. La luce era bianca e ferma, l’aria freddina ma non troppo per gli standard di febbraio in Repubblica Ceca e il vento era come un leggero soffio che increspava l’acqua.
Non mancava molto alla primavera e il paesaggio era maestoso eppure delicato. Ricordo che c’era solo una cosa che interferiva con la pace assoluta di quel giorno, cioè che il giorno prima era stato registrato il primo caso di Covid in Italia. Mentre andavo su e giù per il bosco, mi dicevo che questa cosa del ‘virus’ era reale, che era arrivata in Italia (non ancora in Repubblica Ceca) e che avevo giusto fatto in tempo a rientrare dall’Italia un paio di giorni prima dell’annuncio. Cosa sarebbe successo?

22 feb 2020. Dalešická přehrada, vista da Wilsonová skála

22 feb 2020. Dalešická přehrada, vista dallo Stropešínský most (ponte)
Solo un paio di settimane dopo sono andata a Telč. Era già marzo, ma quella domenica il vento era forte e gelido. Telč è una delle cittadine più belle, caratteristiche e pittoresche che ho visto finora nella regione. Si trova nel sud di Vysočina, vicino al confine con la Boemia del Sud. I laghetti, sparsi un po’ in giro per la città, amplificano la bellezza della sua architettura.
Il vero fulcro di Telč è senz’altro la piazza principale, Náměstí Zachariáše z Hradce (Piazza di Zachariáš da Hradec). Incorniciata da coloratissime case risalenti al XV secolo, rasenta la perfezione architettonica come poche altre piazze viste finora in vita mia. Non stupisce che la piazza sia patrimonio Unesco. Fa veramente venir voglia di girarci intorno più e più volte, perché a ogni giro uno scopre nuovi dettagli, sfumature e decori.
E se pensate che, vista la piazza, siete a posto, vi sbagliate davvero, perché c’è altro. Ci sono chiese e campanili imponenti, stradine secondarie in cui perdersi, eleganti palazzi storici e un imperdibile castello, tanto splendido quanto massiccio. Il complesso del castello è circondato da un vasto giardino che è l’ideale per una passeggiata. Fra l’altro, se ci andate in primavera, troverete i prati coperti di campanelline bianche (bledulky in ceco): nel parco crescono dappertutto.

8 mar 2020. Telč, Náměstí Zachariáše z Hradce

8 mar 2020. Telč, Náměstí Zachariáše z Hradce

8 mar 2020. Telč, uno dei laghetti in città
Nonostante fosse tutto bello, il pensiero assillante di due settimane prima era ancora lì e stava, anzi, solo peggiorando. La notte prima che andassi a Telč in Italia era stato annunciato il lockdown nazionale. Intorno alle 11, seduta su una panchina affacciata sull’acqua, ho chiamato mia mamma. Le ho chiesto come ci si sentiva a sapere di non poter uscire di casa se non per stretta necessità. Abbiamo parlato di quanto fosse allarmante leggere le notizie dall’Italia in quei giorni: non sapevamo che era solo l’inizio. Era così surreale parlare di casi registrati e regole di quarantena anziché raccontarci cosa avremmo mangiato per pranzo.
La settimana dopo la gita a Telč la Repubblica Ceca ha proclamato lo stato d’emergenza e ha annunciato l’imminente lockdown. Così, anche le gite si sono fermate per un po’. Ci è voluto un po’ perché tutti si abituassero a una situazione senza precedenti. Poi, man mano che si allungavano le giornate e aprile ci regalava giornate di sole da sogno, le gite sono ricominciate, stavolta sul serio.
Entrare a Vysočina in bicicletta per raggiungere Velká Bíteš è stato fantastico. Qui, devo dire, era più questione di strada che di meta. La natura morava mi scorreva davanti in sequenza: spighe (ancora) verdi, colza gialla, erba cipollina viola, così fino al confine regionale. Quel giorno ricordo di aver pensato: ‘La primavera ceca è fatta a strati’.
Degli ultimi chilometri ricordo il silenzio sulla strada principale (non passava neanche un’auto), una torretta di avvistamento in lontananza e la piazza centrale di Velká Bíteš aprirsi dietro l’angolo come una scena a teatro. Ricordo anche i rohliky (i panini cechi per eccellenza, tipo rotolini di forma allungata), formaggio e banana comprati al negozio di alimentari e mangiati sulla panchina lì fuori; mi hanno fatto sentire molto ceca.
Era già metà maggio, le restrizioni più severe stavano lentamente cessando e alcune piccole cose sembravano di nuovo normali.

16 mag 2020. Percorso in bici verso Velká Bíteš

16 mag 2020. Velká Bíteš, piazza principale

16 mag 2020. Velká Bíteš, Kostel svatého Jana Křtitele (Chiesa di San Giovanni Battista)
Ancora durante il primo lockdown scegliere la prossima meta a Vysočina è diventata una specie di routine settimanale. Il mercoledì cominciavo a guardare il meteo per il weekend. Poi entravo nel mio account su Mapy.cz e sceglievo la zona in cui andare – possibilmente in cui ci fosse anche dell’acqua. Prenotavo i biglietti del treno già il venerdì, giusto per essere sicura di non perdere il treno se arrivavo in stazione all’ultimo il sabato mattina.
Fine maggio è quando sono andata per la prima volta a Velké Dářko. Il lago, noto come Moře Vysočiny (Mare di Vysočina), si trova circa 10 km a nord di Žďár ed è il più grande della regione. Le cose che amo di più di Velké Dářko sono le rive piene di vento, il percorso natura (naučná stezka) ‘ufficiale’ a ovest e a nord del lago, l’intrico di sentieri fangosi tutt’intorno, attraverso ampi prati e campi aperti, e le viste sul lago che si aprono fra gli alberi quando meno te l’aspetti.
La prima volta che ci sono andata ho preso il (solito) treno per Žďár e da lì sono andata a Velké Dářko a piedi. È un bel pezzo di strada, ma si gode a ogni passo, perché passa per minuscoli villaggi come Polnička e Škrdlovice, tratti di foresta silenziosa e cottage in legno con i tetti spioventi. Quando si va da qualche parte, c’è qualcosa di unico nell’arrivarci a piedi perché uno vede tutto, si avvicina lentamente, non si perde nulla di quel che c’è lungo la via. Tipo, nel sole del mattino in piena primavera il lago Vodní nádrž Pilská sembra un olio su tela dai colori brillanti.

29 mag 2020. Percorso a piedi da Žďár nad Sázavou a Velké Dářko. Vodní nádrž Pilská

29 mag 2020. Velké Dářko

29 mag 2020. Velké Dářko, percorso natura (naučná stezka)
A inizio giugno, quando è finito il lockdown e si poteva di nuovo lavorare dall’ufficio, era settimane che cercavo di capire come raggiungere Vír. Le soluzioni bus + treno, comunque le mettessi, rendevano il viaggio troppo lungo e c’erano così tanti cambi che non valeva neanche la pena partire. In quei giorni, quasi per caso, in una conversazione al lavoro mi hanno detto la frase ‘c’è il bus diretto da Brno a Olešnice’. Era fatta. Olešnice è ancora in Moravia del Sud, ma si trova circa 12 km a ovest Vír: potevo arrivarci in bus e poi andare a piedi a Vír da là.
So per certo che quella gita resta una delle più movimentate di sempre, soprattutto grazie a un viaggio in bus più lungo del previsto. Il bus che ho preso a Brno dava ‘Olešnice’ come destinazione, solo che in realtà poi è andato a Kunštát, che è circa 10 km a sud-est di Olešnice e decisamente non è Olešnice. Appena scesa nella piazza di Kunštát, ho chiesto all’autista dove mi avesse lasciato e lui ha ribadito che eravamo a Olešnice. Poi è ripartito, così ho dovuto trovare un bus che da lì mi portasse davvero a Olešnice. Mettiamoci poi anche un temporale estivo durato più della media e una cantonata notevole nell’attraversare un ruscello più profondo di quanto sembrasse e senza abbastanza rocce in bella vista a cui appoggiarsi per il guado. Ecco.
Sempre quella gita, però, è fra quelle con il maggior numero di viste spettacolari e sentieri panoramici di tutto l’anno. A piedi da Olešnice a Vír ci sono poi andata e, prima di lasciare Vír, sono salita fino alla Vírská přehrada (diga di Vír) e, lungo il sentiero che costeggia il lago, sono arrivata al punto panoramico di Kobylí skála (Roccia della giumenta). Poi sono andata a sud e sono arrivata a Nedvědice in anticipo rispetto al mio treno. Ne ho approfittato per salire sulla collina del Castello di Pernštejn e godere della vista di fine pomeriggio da lassù. Il castello aveva già chiuso, ma per fortuna i panorami sono ancora aperti 24 ore su 24.

6 lug 2020. Da qualche parte fra Olešnice e Vír

6 lug 2020. Da qualche parte fra Vír e Nedvědice

6 lug 2020. Splendida Vír
La volta successiva sono andata a piedi da Žďár a Nové Město na Moravě passando per Tři Studně, Sykovec e qualche altro laghetto in zona. Tutto, veramente tutto sapeva d’estate quel giorno: il sole bollente, il calore sospeso sui campi gialli, il cielo terso, di un blu così piatto che sembrava ritagliato dal cartoncino.
Le acque del Sykovec erano praticamente tiepide quando ci sono entrata, la luce era accecante e i tratti in ombra nel bosco si godevano quasi quanto la distesa di mirtilli che copriva l’intero sottobosco. Il mio amore per i mirtilli è sconfinato, non credevo ai miei occhi.

1 ago 2020. Lago Sykovec

1 ago 2020. Medlovský rybník (lago)

1 Aug 2020. Nové Město na Moravě, Kostel svaté Kunhuty (Chiesa di Santa Cunegonda)
La settimana dopo sono tornata a Žďár, in giro per i laghetti a sud della città. Era ancora piena estate, i campi di spighe lungo il sentiero erano sconfinati e non avevo mai visto così tante rane in un giorno solo. Ho attraversato distese di verde, giallo e blu senza mai incrociare nessuno. Ho trovato solo qualche cicogna spensierata in un campo lungo la via.
Mentre tornavo in città, mi sono accorta di sapere esattamente cosa era dove e non avevo bisogno della mappa. E ho pensato, questo posto ha qualcosa di speciale. Per me Žďár è il cuore pulsante di Vysočina, non tanto perché si trova nel cuore della regione quanto perché, niente, è lì, a tanti treni diretti da Brno.
È sempre facile raggiungere Žďár e, una volta lì, si può praticamente andare ovunque nella regione. Il modo in cui sono disposti alcuni dei suoi monumenti più iconici, poi, sembra fatto apposta per renderla ancora più familiare, quando ci si torna: il castello e l’adiacente ponte barocco, che sembra essere lì da sempre; la rassicurante vista di Zelená hora e l’elegante profilo della chiesa lì in cima; Velké Dářko con il vento perenne e i sentieri nel bosco, che continuo ad aver voglia di girare.
Žďár ha qualcosa di speciale, ma non è facile spiegarlo.

8 ago 2020. Nové Veselí (villaggio a sud di Žďár)

8 ago 2020. Nové Veselí
Třebíč è stata la prima gita ‘urbana’ dopo tanto tempo. Mentre aspettavo il treno in stazione a Brno, ho intravisto un poster con cui la compagnia ferroviaria ceca promuoveva il turismo a Třebíč così: ‘Anziché Palm Beach, vieni a scoprire Třebíč’ (Místo Palm Beach, objevuju Třebíč). Ora, non sono mai stata a Palm Beach, quindi non posso esserne sicura, ma è un bene che io non abbia cominciato ad aspettarmi di trovare palme (palm) o spiagge (beach) a Třebíč, perché sarei rimasta molto delusa. Anche senza palme e spiagge, Třebíč è comunque deliziosa.
Il centro è raccolto e tutte le cose da vedere sono facilmente raggiungibili a piedi: la piazza principale, la Basilica di San Procopio e il quartiere ebraico (entrambi patrimonio Unesco) e, appena oltre il ponte, il punto panoramico Masaryk. Visti i monumenti principali, potete prendere il sentiero lungo il fiume Jihlava e andare avanti finché non siete stanchi. Probabilmente a un certo punto costeggerete qualche laghetto, ma questi non fanno che rendere il paesaggio ancora più gradevole.
Oppure potete fare i 5 km di strada fino alla torre di Pekelný kopec. Sapendo che non avrei fatto in tempo ad andarci, io sono invece salita sulla collina di Strážná hora. Lì, dalla cima della vecchia torre idrica, Vodárna Kostelíček, si possono ammirare viste splendide sulla città. La visita alla torre è resa ancora più interessante grazie alla piccola mostra che ospita, dedicata alla storia dell’approvvigionamento idrico in città.

16 ago 2020. Třebíč

16 ago 2020. Třebíč, complesso del castello

16 ago 2020. Třebíč, vista dalla cima della Vodárna Kostelíček
Il filo conduttore del percorso a piedi da Světlá nad Sázavou a Lipnice nad Sázavou sono stati i meli. A ogni angolo in ogni momento, mi giravo e c’erano meli: nei giardini delle case, lungo il sentiero che porta fuori città, sparsi qua e là nei campi.
Světlá nad Sázavou non è senz’altro fra i luoghi più caratteristici di Vysočina, né possiede tanti monumenti noti quanti ne hanno altre cittadine simili. La stessa Lipnice, per fare il nome della sua vicina più prossima, è più famosa di Světlá. Ma anche Světlá merita una passeggiata.
Quel giorno andare a Světlá era soprattutto funzionale alla vera meta di quella gita: il Národní památník odposlechu (Monumento Nazionale dell’Origliare – giuro, si chiama così). Non lasciatevi ingannare da questo monumento in apparenza buffo: è molto più della ‘caccia al monumento’ nella foresta che sembra.
Il progetto include quattro sculture sparse qua e là nel bosco poco lontano da Lipnice nad Sázavou. Le prime tre parti (la bocca, l’orecchio e gli occhi) sono scolpite in rilievo su tre pareti rocciose che sovrastano altrettanti laghetti. La quarta (la testa, aggiunta in un secondo momento) si trova in mezzo a un prato a ridosso della strada principale, più vicino a Dolní Město che a Lipnice.
Per ogni scultura ci sarebbero una storia da raccontare e molteplici riferimenti storici e letterari da citare. Purtroppo, per il bene di questo post (altrimenti infinito) non mi ci posso addentrare. Ho incluso parti di tutte le storie nel post Instagram che ho pubblicato dopo aver visto il monumento. Un giorno spero anche di riuscire a scriverne in modo più approfondito in un post ad hoc sul blog.
Nota a margine n.1: l’area collinare Radostovinský kopec, a sud di Světlá, è coperta di boschi e punteggiata di laghetti dalle sponde alte e rocciose. È la strada più bella per arrivare al monumento.
Quanto a Lipnice, il suo castello è un luogo di attrazione importante nella zona. ‘Poggiato’ in cima a una collina, presenta un’architettura composita che lo rende alquanto maestoso, visto da sotto. Da su il panorama delle colline tutt’intorno è spettacolare.
Nota a margine n. 2: a Lipnice è morto Jaroslav Hašek, autore del noto romanzo ceco ‘Dobrý voják Švejk’ (Good Soldier Švejk), per cui non stupitevi di trovare ‘promemoria’ che lo riguardano in giro per la città (tipo una casa-museo dedicata alla sua vita e opera letteraria). Anche la scultura dell’orecchio presenta un richiamo a un personaggio della stessa opera ma, di nuovo, non c’è tempo di approfondire l’argomento qui.

22 ago 2020. Národní památník odposlechu

22 ago 2020. Lipnice nad Sázavou, castello
Quando, a inizio settembre, sono andata a Velké Meziříčí, c’erano chiari segnali che l’estate stava finendo e l’autunno era imminente. La luce era più diffusa, i campi una tonalità di giallo più scuro e le giornate si erano visibilmente accorciate.
Velké Meziříčí significa ‘tra fiumi’ (mezi řekami in ceco) e prende il nome dalla sua posizione geografica alla confluenza soutok in ceco) dei fiumi Ostrava e Balinka. L’ho fatto un giro in città ma, confesso che sono andata un po’ di corsa, perché non vedevo l’ora di raggiungere la reale meta del viaggio: la torre di osservazione Fajtův kopec. La torre si trova in cima alla collina di Fajtův (kopec vuol dire ‘collina’ in ceco) ed è un monumento alquanto singolare per diversi motivi.
Uno: la torre offre una spettacolare, meravigliosa vista a 360 gradi su tutto: la città, la foresta, il viadotto giù a valle e, in generale, la natura della Moravia del Sud e di Vysočina. Due: sorge proprio accanto agli impianti sciistici e la cosa ne fa un notevole polo d’attrazione anche in inverno. (Ammetto che, se la vedessi da lontano dopo una nevicata, penserei probabilmente che anche la torre è fatta di neve). Tre: la sua forma, simile a quella della molecola di DNA, la rende non poco originale.
Da Velké Meziříčí ho camminato fino a Ořechov e costeggiato i vari laghetti in zona. Il fatto che già sapessi dell’esistenza di un’Ořechov in Moravia del Sud (solo perché a un certo punto l’ho attraversata in bici) ha fatto sì che non la confondessi con quella in Vysočina. Inoltre, nessun autista di bus mi ha complicato la vita.

4 set 2020. Velké Meziříčí, vista dalla cima della torre Fajtův kopec

4 set 2020. Da qualche parte fra Velké Meziříčí e il villaggio chiamato Sviny

4 set 2020. Vista appena fuori Sviny
La fine dell’estate ha portato con sé i pensieri assillanti sull’aumento dei casi di infezione, un peggioramento della pandemia, voci di un secondo lockdown e via dicendo. Come previsto, la situazione ha continuato a peggiorare.
Ancora a settembre, con il secondo (e chiaramente ultimo) viaggio in Italia dell’anno, ho ‘acquisito’ un’auto – o meglio, mi è stata prestata a tempo indeterminato: tecnicamente è la vecchia auto di mio papà, ma ormai sono io che la guido e la mantengo.
È così che i viaggi in treno a Vysočina hanno lasciato il posto alle uscite in auto. Che poi avere una macchina voglia dire poter raggiungere i villaggi e laghetti più sperduti nella regione, è un incredibile valore aggiunto che sto apprezzando immensamente e a cui non mi sono ancora abituata.
Finora le gite d’autunno mi hanno sempre portato vicino all’acqua, a inseguire foglie colorate e riflessi suggestivi. C’è stata la gita a Dalečín, con il percorso da Dalečín al punto panoramico di Popelková skála. Essere lì sulle rive rocciose della Vírská přehrada al tramonto, senza dover correre in stazione a prendere l’ultimo treno del giorno per Brno, è una ‘prima’ che mi ricorderò per un bel po’.
C’è stata la gita a Velké Dářko 2.0, quando l’aria gelida già sapeva di inverno, c’erano densi nuvoloni, ma gli alberi già erano così chiari e colorati che avrebbero illuminato il più grigio dei cieli.
E ci sono state le gite alla Dalešická přehrada e i suoi infiniti punti panoramici: Kozlovské skály nel sole dell’estate indiana (Babí léto in ceco), la fermata del traghetto di Dalešice, la roccia Skalní útvar Vztyčený prst (la Roccia a forma di dito alzato, che mi sa che si vede meglio dalla sponda opposta) e molte altre lungo la via.

27 set 2020. Vista della Vírská přehrada da Popelková skála al tramonto

4 ott 2020. Dalešická přehrada, vista da Kozlovské skály, nei pressi di Kozlany

25 ott 2020. Dalešická přehrada, Skalní útvar Vztyčený prst
Ognuna delle diciassette* gite fatte finora a Vysočina la ricordo molto bene dall’inizio alla fine. Questa regione è diventata un luogo familiare, che mi dà la stessa sensazione di ‘casa’ che mi danno solo la Norvegia e, più in generale, il Nord, ogni volta che ci vado. Vysočina è un posto che conosco e riconosco, un ‘posto del cuore’, un posto che non mi sono ancora stancata di girare e scoprire.
Non so bene come nasce e cresce questo genere di legame. Forse è come ho scritto una volta sul blog: ‘I luoghi non ti respingono e non ti tengono a distanza. Non si dimenticano di te, non ti lasciano indietro’ e ‘certi legami esistono anche se non riesci a spiegarli con le parole e non ha senso cercare di respingerli’.
Ho una lista infinita di luoghi da vedere in tutta la Repubblica Ceca, ma Vysočina ha una geografia e una trama a sé. Per cui, sì, c’è un motivo se per scherzare chiamo questa ‘cosa’, questo legame con Vysočina ‘storia d’amore’. Perché questo è.
Il 2020 è stato crudele in tanti sensi, non ultimo il fatto che ha cercato di allontanare le persone fra loro, spesso riuscendoci. Mi ha, però, anche avvicinato a un luogo così bello e vario come Vysočina, per cui ho intenzione di coltivare questo legame nel miglior modo possibile.

25 ott 2020. Angolo senza nome lungo la Dalešická přehrada

27 set 2020. Rovine del castello di Dalečín

18 ott 2020. Velké Dářko, percorso natura (naučná stezka)
* La gita a Vysočina n. 17, che mi ha riportato a Žďár nad Sázavou e Velké Dářko, l’ho fatta l’8 novembre 2020, quando avevo già scritto questo post. Per questo motivo, con l’eccezione di uno scatto di Zelená hora, non è stata descritta in dettaglio nel testo.