Puzzle n. 7. Tempo e spazio, spazio e tempo e…

È da un po’ che volevo scrivere qualcosa su tempo e spazio. Dal nulla, una frase di un libro comprato per caso alla libreria dell’aeroporto è servita a farlo succedere.

 

26 dic 2019. Sono sempre stata parecchio ossessionata dai concetti di tempo e spazio e ho sempre avuto opinioni alquanto decise a proposito di entrambi.

Amo lo spazio. Amo coprire le distanze, che sia mentre corro, vado a fare una passeggiata o viaggio. A volte, quando sono in giro in centro, immagino che tipi di forme e disegni verrebbero proiettati a terra se le persone tracciassero linee colorate mentre si muovono nell’arco della giornata. Vista dall’alto, la città sembrerebbe una fitta nuvola multicolore.

Odio il tempo. ‘Riempire’ il tempo mi rende esausta come poche altre cose. ‘C’è solo da aspettare’ è una delle frasi più terribili e agghiaccianti che riesco a immaginare. Aspettare che il tempo passi mi fa sentire impotente, come se non potessi fare niente per cambiare le cose o, per lo meno, farle andare un pochino più in fretta. Il che, mi rendo conto, è esattamente quello che si fa quando si aspetta e non ci si può fare niente. Solo a pensarci mi sento soffocare, mi viene la claustrofobia.

Non so perché spazio e tempo suscitano in me sensazioni così forti e contrastanti. In parte dev’essere colpa di qualche non meglio precisato dramma, trauma o esperienza del mio passato.

(Magari sto pensando a un dramma, trauma o episodio ben preciso qui. Magari, invece, non mi viene in mente nulla e fare un riferimento profondo al passato sembra la cosa giusta da fare. In ogni caso, il passato ha sempre la sua importanza ed è qualcosa in cui tutti possono ritrovarsi, per cui fate l’uso che ritenete più opportuno di questa mia affermazione.)

In parte… Davvero, non lo so. Tempo e spazio sono probabilmente i due temi di discussione più vasti al mondo e tutto, bene o male, può diventare una conversazione sull’argomento.

 

Ciò detto, il pretesto per scrivere questo post non poteva essere più casuale e inaspettato. Stavo tornando a Brno dall’Italia e, passati i controlli di sicurezza in aeroporto, stavo curiosando la sezione di libri in lingua nella libreria vicino ai gate. Oggi avevo seriamente intenzione di comprare Il Cerchio di Dave Eggers. Ogni volta che passavo in libreria prima di andare agli imbarchi lo vedevo lì, che mi guardava dallo scaffale centrale. Oggi l’avrei comprato.

Oggi Il Cerchio non c’era su nessuno scaffale. Perfetto.

Ho guardato libri a caso qua e là, letto qualche titolo non particolarmente interessante e un paio di trame non molto avvincenti. Ero praticamente già con un piede fuori dalla libreria quando ho incrociato la copertina di Aquarium di David Vann. Due minuti dopo ero in cassa, pronta per pagare.

Da allora credo di averlo letto senza pausa per qualche ora buona: mentre aspettavo di imbarcarmi, durante il volo per Bratislava e, con un paio di interruzioni, sul treno per Brno.

È, anzi, proprio in stazione che mi è venuta l’idea di scrivere questo post. Non mi soffermerò sulla trama di Aquarium perché, davvero, non c’entra niente qui. Per ragioni di contesto, dico solo che la protagonista si chiama Caitlin, ha 12 anni e vive con la madre. Ogni giorno, dopo la scuola, mentre aspetta che sua mamma la vada a prendere, va all’acquario cittadino a guardare i pesci.

A un certo punto Caitlin fa questa considerazione: ‘La cosa peggiore dell’infanzia è non sapere che le cose brutte passano, che il tempo passa. I brutti momenti, quando si è piccoli, sembrano durare un’eternità, sono pesantissimi’.

Mentre leggevo, la metà sarcastica della mia persona scoppiava in un’arida risata: ‘Ha ha, che tenerezza, davvero.’ L’altra metà della mia persona, quella riflessiva, faceva eco alla sua cinica controparte, ma cercava di formulare la sua opinione in modo un po’ più articolato.

Ho ripensato a quando li avevo io, 12 anni. Ho cercato di ricordare se, allora, la pensavo come Caitlin a proposito del tempo. Non ne sono sicura. Non mi sembrava che le cose brutte durassero per sempre.

Mi sono resa conto che mi sento così ora. Solo che di anni non ne ho più 12. Ne ho 12 x 3.

E allora com’è possibile che mi senta così? Anzi, com’è possibile che le parole di Caitlin sembrino più vere oggi di 24 anni fa? Non sapevo come spiegarmelo. Ho pensato che forse certe cose non cambiano mai. O, se cambiano, riescono comunque a colpirti all’età di 12 x 3 anni come ti colpivano quando di anni ne avevi 12 x 1 – se non di più.

 

Ho provato a smettere di pensarci, ma a quel punto ero già in argomento ‘tempo’. Così ho cominciato a far caso a quante delle cose che diciamo, facciamo o pensiamo possano in qualche modo essere connesse allo spazio o al tempo (o a entrambi).

Siamo immersi nello spazio e nel tempo. Ci anneghiamo dentro.

Tornare a Brno dopo essere stata qualche giorno da mia mamma. Spazio.

Aspettare il bus al mattino per andare al lavoro. Cercare di uscire con due minuti extra di anticipo perché, se trovi il semaforo rosso in piazza, di sicuro lo perdi. Tempo.

Sedere in un treno veloce Bratislava-Brno e vedere le piccole stazioni dei paesini scorrerti davanti agli occhi fuori dal finestrino. La tua fermata si avvicina, ma ancora non la vedi. Spazio e Tempo.

Fare un salto al supermercato in pausa pranzo, perché c’è meno gente e almeno non ci metti una vita per pagare una bottiglia di vino e un paio di panini. Tempo.

Vicinanza, prossimità (fisica e metaforica) con le persone. Spazio. (E un milione di euro per voi se riuscite a tenere le distanze giuste.)

Proprio quest’ultimo punto della lista, mi ha portato, circa due-tre anni fa, a interrogarmi per la prima volta sui concetti di spazio (e tempo).

All’improvviso mi è tornata in mente una cosa che avevo scritto allora. Era una cosa breve, che sapevo di aver salvato nelle note del telefono. Diceva così:

‘Spesso le persone usano l’espressione Tempismo pessimo per spiegare perché qualcosa è andato male o molto male. È un’espressione super calzante che rende perfettamente l’idea, ma ci pensa mai nessuno allo spazio?

I tempi sono importanti, ma lo è anche lo spazio. Spazio significa distanza e la distanza conta. Conta, perché come fate a costruire lo spazio fra voi e le altre persone? Come fate a sapere se siete troppo vicini o troppo lontani quando non dovreste? È qualcosa che si può decidere a priori? O non è forse il risultato di un accordo silenzioso di cui siete consapevoli solo a metà?

Anche Mind the gap [Attenzione al vuoto] rende l’idea. Spesso e volentieri il vuoto (inteso come ‘spazio nel mezzo’) lo diamo per scontato, come qualcosa che è lì e si adatta alle circostanze. In realtà, lo spazio (o l’assenza di spazio) conta e conta quel che ne facciamo. Tante cose dipendono dallo spazio.’

Avevo appena finito di leggere questo vecchio post quando hanno annunciato che stavamo arrivando a Brno. Mentre mi mettevo il cappotto e scambiavo due parole con un viaggiatore americano assai loquace, mi sono detta due cose:

1) sono contenta di vivere a Brno e non a Praga, perché se abitassi a Praga avrei avuto un viaggio in treno più lungo e questo post sarebbe stato ancora più lungo (e lo è già abbastanza).
(Nota a margine: sono contenta di vivere a Brno, e non a Praga, anche per altri motivi.)

2) se avessi trovato Il Cerchio di Eggers sullo scaffale della libreria dell’aeroporto, non avrei comprato Aquarium e non avrei mai scritto questo post.

Non so bene cosa penso di questa cosa. Mi sa che la chiuderò qui e andrò a finire il capitolo che stavo leggendo.

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