Islanda 2020 (1/4). Reykjavik: considerazioni preliminari

Breve (e intendo breve) introduzione alla mia primissima serie di post sull’Islanda. Tutti i viaggi sono speciali, ma alcuni viaggi sono più speciali di altri, per questo o quel motivo. Questo è stato ‘specialmente speciale’ per un motivo ben preciso (e molto personale).

 

Potevo iniziare questa mini serie su Reykjavik in tanti modi.

Il modo più ‘convenzionale’ e ‘da blog’ era accennare ‘casualmente’ al fatto che l’Islanda era l’ultimo paese nordico in cui non ero mai stata, per cui va da sé che dovevo farla ‘succedere’. D’ora in poi avrò solo ‘seconde volte’, se non numeri ancora più alti. Wow, che viaggiatrice che sono.

In alternativa, potevo dire che avevo inizialmente prenotato questo viaggio per il novembre 2019, ma poi ero mezza influenzata e afona e non mi riusciva di passare tre giorni al freddo all’aria aperta. Così ho spostato il viaggio a gennaio.

Dopotutto non è la prima volta che mi ritrovo a dover spostare un viaggio  al Nord, visto che ho dovuto farlo un paio di volte con i miei giri in Norvegia.

Harpa

Il soffitto della Sala concerti e centro conferenze Harpa

Per farla breve, sì, avrei potuto introdurre il discorso Reykjavik in uno di questi due modi, quello ‘figo’ e ‘da viaggiatrice’ oppure quello mezzo ‘hardcore’ mezzo ‘sfigato’.

Ho scelto invece una terza via. Ho scelto di parlare delle vere ragioni che mi hanno portato a prenotare questo viaggio, delle ragioni che mi hanno portato a volerlo fare da sola e delle ragioni per cui è stato in qualche modo diverso da tutti gli altri giri in solitaria che ho fatto finora.

Quando ho prenotato tutto, ‘sentivo’ che c’era nell’aria un periodo (molto) brutto e che, almeno per un po’, mi ci sarei trovata dentro in pieno. Col senno di poi, non mi sbagliavo. C’è stato davvero un periodo (molto) brutto e so che non è finito.

Ho prenotato questo viaggio perché mi sono detta che, comunque fossero andate le cose, avrei avuto un posto in cui fuggire, anche solo per tre giorni: lontano da tutto, lontano da tutti.

Esja

La catena montuosa Esja vista da Seltjarnarnes

Allora mi era sembrato così facile, come sempre era stato quando avevo prenotato i precedenti viaggi fatti da sola. Solo che stavolta era diverso. Non era facile. Una parte di me è stata a tanto così dal cancellare tutto all’ultimo, pur sapendo di non avere motivi ‘validi’ per farlo.

Avevo tanta, tanta paura. A volte succedono cose che ti colpiscono in modi imprevedibili e inimmaginabili. Ti colpiscono sempre là dove non sai di essere vulnerabile. È così, no? Ecco, a me è successo questo. Mi sono ritrovata a essere tanto vulnerabile proprio dove pensavo (e da sempre sapevo) di essere una roccia.

Sarebbe stato così facile e rassicurante cancellare tutto all’ultimo. Uno, ovvio, ci pensa ai soldi che ha speso per i voli e per l’ostello, ma quando uno ha la paura che avevo io, di solito si scorda del resto, nel bene o nel male.

Sarebbe stato così facile andare a dormire nel mio letto a Brno anziché allacciare gli scarponi e uscire a notte fonda per andare a piedi alla stazione dei bus.

Vista dalla passeggiata vicino alla spiaggia di Nauthólsvík e all’aeroporto nazionale

Davvero, veramente io non so spiegare come ho fatto. So che (almeno in parte, se non per il 90%) lo devo alla mia vera amica Bobby, per le cose che mi ha detto e per la spugna. Forse, in minima, piccolissima parte lo devo anche a me stessa, per aver trovato la forza di allacciare gli scarponi e andare, per aver voluto credere che, in fondo, ero (e sono) ancora quella a cui piace viaggiare da sola verso Nord (e altrove) senza paura.

Perciò alla fine sono uscita di casa, ho preso il mio volo Vienna-Reykjavik (partito in super ritardo) e ho passato due giorni e mezzo nella capitale islandese. E adesso la racconto tutta qui.

Un grazie veramente speciale alla mia veramente speciale amica e persona Bobby, a cui ovviamente e prevedibilmente dedico questo e i prossimi post islandesi. Li devo a te, così come ti devo la road trip in Islanda lungo la Ring Road, che un giorno (non lontano) progetteremo e faremo insieme.

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