Il ponte ristrutturato del libro della Atwood che stavo leggendo, ma anche il modo in cui cambiano le persone e le nostre molteplici identità.
8 dic 2019. Non ricordo bene da dove è partito questo post. Davvero. Ho questo file senza titolo nella mia cartella documenti di Google, in cui elenco tutti i pezzetti di pensiero che mi vengono in mente quando meno me l’aspetto. Quel file includeva anche due o tre frasi che adesso sono finite in questo post, ma non so bene da dove è cominciato il discorso nella mia testa.
Credo che tutto sia partito dal libro che stavo leggendo fino a una o due settimane fa, ‘Cat’s Eye’ di Margaret Atwood. A un certo punto, verso la fine del libro, la protagonista si ritrova sul ponte che, da bambina, era solita percorrere ogni mattina per andare a scuola.
Mentre è sul ponte, si rende conto di quanto sia diverso da come lo ricordava, di quanto sia cambiato a decenni di distanza. Quello che era stato costruito come ponte in legno, leggero e pericolante, era stato ristrutturato ed era diventato un solido ponte in cemento con il corrimano in ferro.
Ero appena scesa dal bus quando ho letto la pagina del libro sul ponte. Mentre salivo le scale per entrare al lavoro, ricordo di averla ripercorsa nella mia testa e averci pensato su.
Ho pensato: come descriverei questo ponte se lo vedessi? Direi che non è più lo stesso ponte di prima, ma un ponte diverso? Oppure penserei che, nonostante l’aspetto assai diverso, è ancora lo stesso ponte, che sotto tutto quel cemento e quel ferro c’è ancora la sua vecchia ‘anima in legno’?
Insomma, è o non è lo stesso ponte?
Non sapevo bene come rispondere a questa domanda. Così me ne sono fatta un’altra. Mi sono chiesta, ma le persone cambiano nello stesso modo? Quando ci succede qualcosa che ci porta a ‘ristrutturare’ noi stessi, pensiamo di non essere più quelli di prima o crediamo che, in fondo, siamo sempre le stesse persone? O ancora, pensiamo che il cambiamento sia solo apparente, ma in realtà non impariamo mai?
O forse sono solo i nostri corpi che, lentamente e un po’ alla volta, cambiano forma dall’interno man mano che processiamo il cambiamento che stiamo attraversando e l’impatto che questo ha su di noi, finché i nostri stessi corpi riescono infine ad accogliere questo cambiamento e incorporarlo in sé.
Io non lo so.
Perché, se ci pensate, ogni persona è una e tante allo stesso tempo. Siamo tutti così. La persona che siamo dipende da tante cose. Dipende dal nostro interlocutore – se è un amico, un parente, il nostro capo o il negoziante dall’altra parte della strada.
Dipende dalla lingua che parliamo. Questo è un dato di fatto supportato dalla scienza: siamo persone diverse a seconda della lingua che usiamo. (Che cosa affascinante. Quando ero in università, ho anche brevemente contemplato l’opzione di scrivere una tesi su questo argomento.)
Tutto è diverso: la nostra voce, il nostro atteggiamento, la nostra gestualità – tutto. Quando vivevo a Liverpool, una sera ero a un pub quiz con alcuni colleghi inglesi. A un certo punto c’era una domanda a cui nessuno sapeva rispondere, ma io ero sicura che mia mamma sapesse la risposta, così l’ho chiamata di corsa e (ovviamente) ho parlato brevemente in italiano con lei.
L’amico seduto accanto a me era quasi sconvolto, perché diceva che la mia voce e il mio modo di fare erano completamente diversi mentre parlavo in italiano. Ha urlato: ‘Avete sentito? Ha una voce diversa! È una persona diversa!’ (Sì certo, si sono voltati tutti. Sì certo, è stato molto divertente.)
La persona che siamo dipende anche da cosa proviamo/pensiamo del nostro interlocutore. Alcune persone non ci fanno sentire tanto a nostro agio e non è tanto facile parlarci. Per cui, quando lo facciamo, cerchiamo magari di evitare affermazioni che potrebbero commentare in un modo a noi sgradito o fastidioso.
Altre persone ci piacciono, anche parecchio, e ci importa quello che pensano di noi, né vogliamo che il nostro rapporto con loro cambi. Perciò ci sta che magari diciamo o facciamo qualcosa in un modo che sappiamo far loro abbastanza o particolarmente piacere.
Insomma, sì, moduliamo il nostro essere in infiniti modi diversi in parte consapevolmente e in parte senza rendercene conto. Lo facciamo tutti, sono sicura.
Né ritengo ci sia nulla di assai sbagliato in questo. Di certo la dice lunga su quanto siano incredibilmente complessi, delicati e ‘multistrato’ i rapporti umani. L’incontro fra due persone è come l’incontro fra due mondi, e ci sono almeno tanti modi in cui due mondi gravitano l’uno intorno all’altro quanti ne riuscite a immaginare – e, forse, anche qualcuno in più.
E, no, alla fine non so ancora se il ponte ristrutturato è ancora il ponte che era prima o è un ponte nuovo. Forse è un po’ l’una e un po’ l’altra cosa, solo che non si capisce dove finisce l’una e dove inizia l’altra. E, forse, va bene non riuscire a capirlo.
Non sappiamo comunque rispondere a tutte le domande.