La prima parte di questo post è la classica introduzione che inaugura ogni serie di post che scrivo. La seconda parte è un po’ fuori tema, cosa che cerco sempre di evitare, ma la devo a un’amica e all’ispirazione che mi ha dato per questo pensiero ‘di passaggio’ appena sono tornata dalla Danimarca.
Parte prima: Considerazioni preliminari
Ho toccato l’argomento ‘mappe’ più volte qui sul blog. Ho detto più volte quanto mi piacciono le mappe, quanto amo leggere le mappe e come, quando posso, io cerchi di procurarmene una non appena arrivo in una città per la prima volta.
Amo tenere in mano la mappa, costruirci sopra il mio percorso, ‘vederlo’ su di essa e, a quel punto, alzare gli occhi e realizzarlo. Google Maps a volte è fantastico, ma la vera panoramica dall’alto è quella che ti dà la mappa cartacea.
Tutto questo preambolo mi serve per dire una cosa in particolare. Ci arrivo.
Di solito faccio abbastanza in fretta a orientarmi in una città che non conosco e nel giro di qualche giorno il suo paesaggio urbano mi diventa familiare. A volte smetto anche di guardare la mappa: vado, la strada la so.

Copenaghen. Nyhavn
Questa cosa non succede ogni singola volta che visito una città nuova o, comunque, non sempre nello stesso modo. Quando succede, però, è bellissimo, perché è come se conoscessi la città talmente bene da non aver bisogno di ‘leggerla’ sulla carta.
A Copenhagen questa cosa mi è successa come poche altre volte. Sarà (un po’) perché avevo guardato un po’ la mappa prima di partire, quindi già sapevo qualcosa di come era fatta.
Sarà per quella che scherzosamente chiamo innata predisposizione per il Nord, per l’abbondanza di acqua qua-là-ovunque e un paesaggio urbano incredibilmente variegato e stimolante come, appunto, quello della capitale danese.
Con Copenhagen è stato amore a prima vista e non vedo l’ora di scrivere della città (e di altro) nei prossimi post. Non sapevo bene come parlare della città senza suonare banale e ripetitiva, ma lei stessa mi ha aiutato anche in quello.

Copenaghen. Nyhavn
Parte seconda: Intermezzo all’aeroporto di Praga
Quando facciamo qualcosa, tutti abbiamo delle parti o momenti preferiti. Tipo quando andiamo a un concerto, quando festeggiamo il compleanno (per quelli a cui piace il proprio compleanno), quando assistiamo a una cerimonia o evento ufficiale… Potrei continuare all’infinito.
Lo stesso vale anche per il viaggiare in generale e per il viaggiare in aereo in particolare. L’altro giorno un’amica e collega mi ha chiesto: ‘Cosa preferisci, il decollo o l’atterraggio?’. Ero appena scesa dall’aereo a Praga, di ritorno da Copenaghen.
In realtà quella domanda gliel’avevo appena fatta io. Lei mi aveva scritto che ‘Le piste sono la parte migliore del viaggio’, per cui le ho risposto: ‘Ma quando l’aereo decolla o quando atterra?’. Mi ha detto che per lei è bello atterrare al rientro da un viaggio, perché vuol dire essere tornati a casa, ma quello più speciale è l’istante in cui l’aereo si stacca dalla pista. Poi mi ha chiesto: ‘E per te?’.
Ah, bella domanda. Non me l’aveva mai fatta nessuno. Ho pensato subito che preferisco il decollo all’atterraggio, per lo meno in generale. Trovo ci sia qualcosa di unico nella trepidazione che accompagna il decollo quando sei in partenza per andare da qualche parte. C’è, invece, un velo di sottile malinconia nel decollo che accompagna il viaggio di ritorno. È un po’ come quando incontri qualcuno con cui ti trovi benissimo, ma non hai tanto tempo quanto vorresti averne a disposizione per conoscere meglio quella persona.

Malmö, Ribersborgsstranden
Il giorno successivo ho poi ripensato a quella conversazione e improvvisamente ho realizzato quale sia davvero il mio momento più preferito in assoluto. Così le ho scritto: ‘È l’istante in cui esci dall’aereo e vedi ‘il fuori’, senti e respiri l’aria di lì. Quando vai in un posto per la prima volta, è così che ne hai un primo assaggio (quello che per me non ha prezzo), mentre quando rientri respiri un luogo che ti è familiare, un posto che conosci e riconosci. E questo vale anche quando torni in un posto in cui sei già stato’.
Magari le risposte mia e di quest’amica alla domanda in questione dicono qualcosa anche di noi come persone. Dopotutto, lo stesso vale per le risposte che tutti noi diamo a domande così, un po’ a caso. Non so cosa dica di me, ma ci penserò su.
Potete farvi anche voi la stessa domanda ora. Cosa preferite, il decollo o l’atterraggio? Perché? E a cosa pensate mentre l’aereo decolla e atterra? Qualcosa in particolare? Vi guardate indietro? O non vedete l’ora?
Quest’amica mi dice spesso che faccio troppe domande. Forse ha ragione. Pazienza, ma ora parliamo di Copenaghen.
(Un grazie speciale a P. per aver ispirato la seconda parte di questo post.)

Copenaghen. Amager Strand