Isole Faroe 2018 (6/8). I colori di Sandavágur e Trøllkonufingur

La passeggiata di 2 km da Sandavágur alla roccia nota come Trøllkonufingur è bellissima, la vista splendida dall’inizio alla fine.

 

Dicono che Vágar non sia la più indimenticabile delle Faroe, che andare a Vágar senza spostarsi altrove non sia ‘abbastanza’ e che, per quanto caratterizzata da un paesaggio variegato, l’isola non offra scorci di bellezza particolarmente ‘sconvolgente’.

Ho visto troppo poco delle Faroe per poter trarre una conclusione di mio sull’argomento, ma suppongo si tratti di una considerazione plausibile.

Eppure, dopo l’escursione a Sørvágsvatn e tutta quella pioggia, andare da Sandavágur a Trøllkonufingur sotto il sole del tardo pomeriggio è stato un vero privilegio. Vágar sembrava il posto più perfetto e più bello del mondo. O forse lo era davvero.

Quando c’è il sole, la passeggiata di (circa) 2 km da Sandavágur alla roccia nota come Trøllkonufingur è bellissima, la vista semplicemente splendida dall’inizio alla fine.

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Sandavágur ha l’aspetto del classico villaggio faroese: di medie dimensioni, compatto, strategicamente affacciato su una baia ai piedi del pendio della montagna. La vista dalla strada principale è super bella. Nel paesaggio urbano si distingue soprattutto la chiesa, che sembra uscita dalla scenografia di uno spettacolo teatrale di scuola.

Come ho detto un paio di post fa, il nostro ostello era a metà strada fra Sandavágur e Miðvágur. Abbiamo quindi raggiunto Sandavágur e attraversato il ponte sul torrente vicino alla chiesa. Siamo andate dritto, finché non ci siamo imbattute in un cartello ‘Trøllkonufingur’, che diceva di andare a sinistra.

La strada ha cominciato a salire e a farsi sempre più stretta, mentre le case si facevano sempre più rade su entrambi i lati. La strada ben presto è diventata un sentiero che seguiva il profilo della montagna.

Proseguite lungo il sentiero, evitate le (numerose) pecore lungo il percorso, finché non raggiungete un ponte su un ruscello. Attraversatelo. Qualche metro più in là, il sentiero si piega ancora verso sinistra. È lì che vi sembra di essere quasi arrivati

E lo siete davvero. Proprio lì dietro il sentiero finisce e avete tutto lì di fronte: la costa del fiordo che scompare ripida nell’oceano, il mare di un blu che più intenso non si può, l’isola di Sandoy al largo della costa, che sembra il Basilisco che dorme, e, ovviamente, l’unica e sola Trøllkonufingur, roccione a punta appena staccato dalla costa.

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Il nome stesso è abbastanza eloquente. Significa ‘Dito della strega’ ed è chiaramente indice (il gioco di parole è voluto) della forma inconfondibile della roccia, simile a un dito di strega nella sua versione più stereotipata.

Pare che la roccia sia stata scalata pochissime volte. La prima fu nel 1844, quando un faroese raggiunse la cima in tempo per salutare l’erede al trono che se ne andava dopo una visita. Il giovane, però, volle tornare in cima a recuperare il guanto che aveva dimenticato lassù e morì lungo la via. La roccia è poi stata scalata nuovamente nel 2012 e nel 2015.

Una volta che siete pronti a tornare indietro, potete tranquillamente rifare lo stesso percorso a ritroso fino a Sandavágur.

Non mi soffermerò più di tanto sulla descrizione del paesaggio: questo è uno di quei casi in cui le foto parlano da sole. Per quando abbiamo raggiunto il sentiero, il cielo si era aperto quasi del tutto e il sole era ancora alto. Sembrava di essere in un quadro colorista veneziano, di quelli in cui i colori venivano stesi senza che quasi vi fosse alcun disegno sulla tela. Era proprio così: i colori erano così brillanti e intensi che sembrava fossero loro a dare forma e consistenza agli elementi del paesaggio.

Ma sto divagando. Le foto parlano davvero da sole.

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