Intermezzo sull’impegnativa notte in treno da Stavanger a Oslo, che, per quando sono arrivata, brillava nel sole del mattino.
Se c’è una cosa a cui sono abituata è dormire in treno di notte. Nei cinque mesi passati in Russia tra fine 2012 e inizio 2013 ho preso così tante volte il treno di notte da perdere il conto.
Di solito viaggiavo in terza classe, come fa il cittadino russo medio (il vagone di terza classe si chiama ‘platzkart’’, praticamente un vagone-dormitorio con 52 posti letto disposti su letti a castello). Ma ho provato a viaggiare anche in quarta classe, la più economica, nonché quella che ti dà modo di scoprire una gran varietà di tipi umani. Odori, rumori, temperature equatoriali (soprattutto se viaggi in inverno) incluse.
Insomma, sì, ero già abituata sia al treno di notte sia ai passeggeri molesti. Ma niente mi aveva preparato alla scomodità epica del treno notturno Stavanger-Oslo su cui sono salita quella sera di settembre. Come spesso succede, sono le persone che fanno la differenza. Ho poi ripreso un treno notturno simile in Norvegia nel 2016 e l’esperienza è sempre stata molto meno dolorosa.
Ma quella notte, il russare era troppo forte e la fonte del russare (cioè il tizio seduto accanto a me) troppo vicina e troppo rumorosa, anche più rumorosa di tutti i possibili suoi simili russi (e non è un gioco di parole), di cui esiste una gamma veramente ampia.
Per farla breve, alle sette del mattino, dopo una notte insonne, sono scesa dal treno in una Oslo brillante di sole. Ero letteralmente a pezzi, né avevo un posto in cui andare a sdraiarmi e dormire. Avevo il volo per l’Italia molto presto la mattina dopo, quindi avrei passato la notte all’aeroporto di Torp. Così mi sono diretta verso Karl Johans Gate, la strada principale. Volevo solo del caffè. Mi ci sono giusto voluti l’aria frizzante e il cielo azzurro della città per farmi emergere dal torpore. Che bellezza.
E avevo davanti a me un’intera giornata da passare in città.