Mezza giornata fra il monte Rønvik e Keiservarden, una delle zone escursionistiche più classiche intorno a Bodø e il panorama più bello. Andiamo!
Immaginate di avere ancora mezza giornata da passare a Bodø. Non è abbastanza per andare da qualche parte fuori città: avete un volo per Oslo nel pomeriggio e non potete permettervi di perderlo. È comunque abbastanza per fare qualcosa, e non solo passeggiare in centro e nella zona del porto – già lo avete fatto parecchio e lo fareste ancora, ma magari volete anche andare in un posto che non avete ancora visto. Se c’è una cosa che non dovreste perdervi per nulla al mondo, è la zona intorno al Monte Rønvik e Keiservarden.
Due considerazioni preliminari sono d’obbligo:
1. Potete anche passare più di mezza giornata in zona Rønvik. Ci sono parecchi sentieri e quelli, insieme all’unico e solo Keiservarden, vi terranno impegnati per tutto il tempo che volete.
2. È così vicino alla città che ci potete andare quando volete tutte le volte che volete.
Arrivarci è facilissimo. Prendete la strada chiamata Sjøgata (una delle vie principali della città) nella direzione opposta a quella che porta in centro. Svoltate a sinistra in Rønvikveien, rimanete sulla strada principale e girate a destra in Fjelleveien (ci sono i cartelli, non potete sbagliare). Non ci si mette pochissimo dal centro, ma al limite c’è anche un bus che va in quella zona.
La strada porta fino al parcheggio all’inizio dei sentieri. In verità, quando ero lì io nulla di tutto ciò era visibile: per via dello spesso strato di neve che copriva tutto era obiettivamente impossibile di-stinguere fra sentiero, erba e rocce.
Ho imboccato quello che aveva l’aria di essere il sentiero principale. Questo andava in salita, dove la neve ben presto è diventata ghiaccio super scivoloso. I miei scarponi non avevano i chiodi, per cui facevo un pochino (leggi: un pochino tanto) fatica a proseguire (leggi: stare in piedi). Alla fine, andando a cercare i (pochi) tratti di terra e neve, ce l’ho fatta.
Mi sono trovata davanti a un laghetto vagamente circolare (Nedre Vollvatnet). Lì il sentiero si biforcava e io non sapevo già più da che parte andare.
Dopo attenta considerazione, sono andata a destra, ho attraversato il ponticello di legno sul laghetto e… tecnicamente sono sparita nella neve in mezzo agli alberi. Il fatto che il sentiero fosse in salita lasciava intuire che ci fosse qualcosa di bello da vedere da su. Che poi, il sentiero non era un vero e proprio sentiero, ma le impronte di scarponi precedenti facevano capire che altri fossero già passati di lì, per cui ci sono passata anche io. C’è un punto pianeggiante intermedio, da cui la vista ‘pare’ super bella, ma gli alberi spogli sono piuttosto fitti ed è difficile farsi una vera e propria idea.
Ho pensato che avrei potuto accontentarmi di essere arrivata fino a lì e tornare indietro. Era uber scivoloso ed ero già (quasi) caduta 75948574 volte.
Ma il sentiero è proprio lì, che bello dev’essere là…
Okay, ancora un pochino.
‘Ancora un pochino’ vuol dire arrivare in cima – che, onestamente, non immaginavo fosse così vicina. La vista era da togliere il fiato – e non solo perché il vento era talmente forte da togliermelo letteralmente. Era La Vista a 360° Per Eccellenza: il cielo rosa, Bodø dall’alto, l’isola di Landegode con la neve, il mare, le montagne… Ero lì da sola ed era perfetto.
In qualche modo sono riuscita a tornare giù al lago, ovviamente cadendo circa altre 394758493 volte – ma ormai anche cadere era diventata l’abitudine.
Tornata al ponte, ho notato un sentiero super innevato che costeggiava il lago e spariva dietro la montagna. Mi tentava molto, non fosse stato per Tutto Quel Ghiaccio. ‘Seriamente, non puoi andare anche là, accontentati di quello che hai fatto’, mi sono detta con rigore.
Ma il sentiero è proprio lì, che bello dev’essere là…
Okay, ancora un pochino.
Ho proseguito ancora 15-20-25 minuti e pian piano ho notato che stavo incontrando un sacco di gente lungo la via: gruppetti di amici, coppie di mezza età, escursionisti solitari, genitori con bambini… Di tutti i posti in cui sono stata a Bodø e dintorni, questo è in assoluto quello in cui ho trovato più gente.
A un certo punto mi sono ritrovata a costeggiare un secondo lago, un po’ più grande del primo e ghiacciato a metà (Øvre Vollvatnet), ma il sentiero proseguiva anche oltre. Allora ho proseguito anche io, perché volevo vedere dove portava. Temevo solo mediamente di tornare troppo tardi in ostello, ma alla fine ho pensato che alla peggio avrei recuperato al volo lo zaino e mi sarei fiondata in aeroporto.
Stavo giusto facendo questa riflessione, quando il sentiero si è fatto più in salita, poi ancora un pochino, poi…
Mi è venuto un mezzo colpo. Un altro lago, ben più grande degli altri due (Svartvatnet) era proprio lì davanti a me ed era di una bellezza indescrivibile. Proseguendo lungo il lago, poi, è pure uscito il sole – e non il classico sole che brilla luminoso quando il cielo diventa sereno. Era pallido, arancione pastello; sembrava quasi non voler splendere troppo forte per non distinguersi troppo dal bianco e nero del paesaggio.
Ero nel mezzo del paesaggio artico perfetto e, senza dubbio, di una delle cose più belle e pazzesche che io avessi mai visto fino a quel momento.
Ho costeggiato un lato del lago finché non ho notato dei cartelli. E lì che ho visto il cartello per Keiservarden puntare verso il sentiero in salita. ‘Oooh, ma eccolo!’, ha esclamato la vocina nella mia testa. Al che, la sua rigorosa controparte ha ribattuto: ‘Dai, è ora di tornare indietro, fai tardi!’. Ci ho pensato su (di nuovo). Poi ci ho pensato su ancora un po’.
…
Ma il sentiero è proprio lì, che bello dev’esser-
Taci. Okay, ancora un pochino.
Diciamolo subito: non ci sono arrivata fin su in cima a Keiservarden. Non avevo davvero abbastanza tempo e i miei scarponi non erano il massimo sulle rocce ghiacciate. Ma oddio cos’ho visto lassù.
Prima il sentiero va su dritto in mezzo agli alberi. Ben presto, però, gli alberi non ci sono più e il terreno diventa tutto rocce e rampe di scale. E, sì, intendo proprio gradini.
Quando si parla di Keiservarden, ci sono due fatti curiosi che val la pena ricordare:
La collina deve il suo nome all’imperatore tedesco Guglielmo II, che ci andò nel 1891. Non a caso, Keiservarden vuol dire ‘Cairn dell’imperatore’ e si riferisce al cairn (‘varde’ in norvegese) costruito sulla cima per ricordare la visita dell’imperatore. (Un ‘cairn’ è una costruzione formata da pietre impilate a secco.)
2. Il sentiero principale che porta in cima si chiama Keiserstein. È sempre stata sede di escursioni super popolare e la cosa, a lungo andare, ha un po’ logorato le condizioni del terreno. Nel 2009 è stato avviato un progetto ad hoc, nell’ambito del quale sono stati ‘ presi in prestito’ Sherpa nepalesi che hanno (ri)costruito il sentiero usando, appunto, gradini in pietra ricavati da una pietra locale molto simile a quella di Keiservarden. Keiserstien è stato poi riaperto nel 2016.
(Curiosità nella curiosità: gli Sherpa nepalesi hanno partecipato alla (ri)costruzione di diversi sentieri e rotte escursionistiche in Norvegia.)
Per quanto ci tenessi molto ad arrivare su, a un certo punto sono dovuta tornare indietro. Il tempo stringeva e i miei scarponi non avevano questa gran presa sulle rocce con il ghiaccio.
È vero, però, che più in alto si va, più la vista si fa sempre più incredibile. Keiservarden non sarà la cima più alta nella zona (e ovviamente in Norvegia), ma il panorama è spettacolare: c’è tutta Bodø, la regione di Salten, il Vestfjord, dove l’isola di Landegode sbuca dall’acqua con le sue inconfondibili cime appuntite, e le Lofoten. Direi che basta.
Mentre tornavo verso il centro, mi sono imbattuta in un gigante gatto rosso seduto sul marciapiede sul ciglio della strada. Come mi ha visto, mi è corso incontro come se mi avesse ricono-sciuto e ha cominciato a strusciarsi contro le mie gambe. Mi sono fermata lì un po’ con lui e poi, quando ho fatto per andar via, ha cominciato a seguirmi. Mi sono fermata ancora un po’, poi un po’, poi… Ha continuato a seguirmi. ‘Perfetto’, ho pensato. ‘È la fine’. Già mi vedevo a portare in giro il gatto porta a porta alla ricerca del legittimo proprietario.
Ho fatto un ultimo tentativo. Ho aspettato che si girasse un attimo e in quella sono andata via subito a passo spedito senza voltarmi. Quando ho osato guardare indietro un attimo, lui era (per fortuna) ancora là, a godersi il (pallido) sole seduto in mezzo alla neve. Fiuuu.
Sono tornata in ostello abbastanza presto da recuperare lo zaino e andare con calma in aeroporto. Nonostante il ghiaccio di Keiservarden e il gatto rosso, sapevo per certo che non avrei perso il mio volo, dopotutto. In parte è stato un sollievo. In parte.
Il monte Rønvik e Keiservarden sono la dimostrazione che il paesaggio artico in inverno è di una bellezza sconvolgente e più unica che rara. E, devo dire, mi manca per davvero.