Norvegia 2017 (3/6). Bodø: Un giorno di (inaspettato) sole

Un giro in centro a Bodø e una passeggiata lungo alcune delle spiagge a nord della città: Løpsvika, Gravenbukta e Ausvika.

 

Il mio giorno 1 a Bodø è iniziato intorno alle 8 del mattino con una tempesta di ghiaccio proprio vicino alla costa e la mia persona lì in piedi proprio in mezzo alla bufera.

Quando sono uscita dall’ostello (comodamente situato nell’edificio della stazione – è l’Hostelling International, super consigliato se cercate una sistemazione a prezzo decoroso a Bodø), ovviamente non pioveva. Così sono andata verso il molo proprio dietro l’angolo, accanto al molo dell’Hurtigruten. All’improvviso tondini di ghiaccio bianchissimo hanno cominciato a piovere dal cielo come sparati a gran velocità da ogni direzione. Sembrava piovessero pastigliette di dolcifi-cante. Sono sprofondata nella sciarpa e sono rimasta in piedi immobile vicino a un gabbiotto che c’era lì, probabilmente la cosa più inutile che io abbia fatto quel giorno. 3… 2… 1… Bagnata fradicia.

Bodø

Dieci minuti ed era finito: ha smesso di ‘nevicare’ ghiaccio, il cielo si è schiarito, ed ecco l’alba. Ho cautamente abbandonato il mio cantuccio (in)sicuro e sono tornata verso Sjøgata e il centro. C’era ancora poca luce e la città si stava ancora svegliando, ma l’aria era frizzante e il cielo si stava aprendo rapidamente. Quasi per caso mi sono imbattuta in due delle tante opere di street art che colorano Bodø e in un attimo mi sono trovata davanti all’Ufficio Turistico. Dieci minuti dopo ero prenotata per la ‘Passeggiata artica’ di tre ore organizzata da Stella Polaris sulle spiagge a nord di Bodø.

È stato facile ‘ingannare il tempo’ fino alle 12.30, quando era previsto il ritrovo con le guide e gli altri partecipanti vicino al molo dell’Hurtigruten (praticamente dietro il mio ostello). Ho fatto una passeggiata in centro, ho visitato la Domkirke (la cattedrale di Bodø) in Torvgata, sono passata accanto alla (bellissima) biblioteca e al (bellissimo) teatro e, finalmente, sono arrivata al porto.

Sono andata dritta fino in fondo al molo, dove c’è (anche) un faro colorato e dove, immagino, in e-state residenti e turisti passano ore e ore al sole. Lì quel mattino ero da sola e il silenzio assoluto era rotto solo dal rumore delle barche ancorate che ondeggiavano appena mosse dalle onde. Il cielo era rosa e faceva sembrare tutto vagamente rosa. È buffo che anche una parola come ‘incredibile’ a volte suoni banale.

Il lato del molo che affaccia sul mare aperto è scandito da sette rocce di granito, che sarebbero abbastanza anonime e informi se non fosse per i fori perfettamente tondi scavati all’interno tipo groviera. Le rocce formano l’installazione Utten Titel (Senza titolo) del noto artista contemporaneo Tony Cragg. L’opera è stata inaugurata nel 1993 e simboleggia lo stretto legame che unisce natura e cultura, ma anche mare e terra. L’installazione è perfettamente in armonia con il paesaggio.

Bodø, installazione di Tony Cragg

Sono rimasta al porto più a lungo che ho potuto, finché non si sono fatte le 12.20 e mi sono dovuta precipitare al molo, perché non volevo far tardi. Il bus era là e così anche le due guide, mentre gli altri partecipanti (15-18 persone in tutto) stavano scendendo dall’Hurtigruten proprio in quel momento. Ci sarebbero risaliti subito dopo il giro, diretti alle Lofoten.

È bastato un brevissimo viaggio in bus perché intorno a noi ci fossero solo natura e giusto qualche casetta vicino all’acqua.

Bodø, Løpsvika

Ora, di solito non amo particolarmente visite e tour di gruppo, soprattutto quando viaggio. Devo dire, però, che è stato super bello e il gruppo includeva un sacco di persone interessanti. Tipo, c’era un fotografo professionista con la macchina fotografica più gigante che io abbia mai visto. Quando (attenzione: spoiler) un’aquila di mare ci è volata sopra la testa deve averle fatto un sacco di foto pazzesche.

Un’altra tizia sapeva il fatto suo in fatto di volatili e ha fatto una gran chiacchierata con una delle guide. In quella io ero proprio lì vicino a loro due, per cui ho ascoltato e mi sono fatta note mentali di cose ‘da sapere’ che non sapevo e che sentivo nominare durante la conversazione. Fra queste c’era anche l’uccello chiamato guillemot, che capita di avvistare nei cieli sopra Bodø. Non avevo mai sentito questo nome, tanto che mi ci è voluto un po’ per capire come si scrivesse e, quindi, Googlarlo come si deve (che dilettante che sono! E comunque si pronuncia /ˈɡɪlɪˌmɒt/). Quella si è poi rivelata essere una fra le tante cose che ho imparato durante il giro, e sugli argomenti più vari: aquile di mare, Vichinghi, alci e renne, la barriera corallina d’acqua fredda e Doggerland.

Bodø, Løpsvika

Mentre scendevamo verso la riva, una delle guide ci ha detto che avremmo visitato tre spiagge. La prima delle tre si chiamava Ausvika, mentre delle prime due non ci ha detto il nome (o forse non l’ho sentito io). Lì sul momento ho pensato che avrei potuto chiamare il post sulle spiagge ‘Là dove le spiagge sono senza nome’. Poi sono circa riuscita a trovare i nomi di tutte, così ho dovuto pensare a un altro titolo.

Ci ho messo un attimo a identificare la prima, tanto che pensavo ci avrei rinunciato. Poi ho cercato ancora un po’ su Google Maps e Google Earth e ho concluso che potesse essere Løpsvika. Ma non ne sono sicura al 100%, per cui la chiamerò Løpsvika d’ora in poi, ma eventuali dritte ulteriori sono più che benvenute. La seconda credo si chiami Gravenbukta: era molto vicina alla prima e ugualmente meravigliosa. La terza e più nota fra tutte ci è stata ufficialmente presentata come Ausvika.

Bodø, Løpsvika

Okay, prima di andare a Bodø non ero mai stata nell’Artico in inverno. Ci volevo andare da una vita, ma non ci ero mai riuscita. Esser lì su quella spiaggia quel pomeriggio è una di quelle cose che sono diventate in un attimo ricordo indelebile e perenne, ancora prima che diventassero effettivamente ricordi. Saranno stati la luce color argento, l’acqua grigio-blu, l’isola di Landegode inne-vata al largo della costa e la foca che dal nulla è spuntata fuori dall’acqua con la sua testa tonda e nera. Tutto era perfetto e incredibile.

La guida ci ha fatto notare che la spiaggia era piena di conchiglie e, soprattutto, coralli. Ci ha spiegato che i coralli vengono dalla barriera corallina d’acqua fredda che si trova al largo della terraferma fino a 400 metri di profondità. Erano quasi buffi, tutti bianchi e dalla forma vagamente simile a un cervello. E venivano da lontano.

Bodø, Løpsvika

Ho chiamato la seconda spiaggia Gravenbukta perché quando, poco dopo il giro, ho cercato i nomi delle spiagge di su Internet, mi sono imbattuta in sito in cui c’era una foto incredibilmente identica a una che avevo fatto io. La spiaggia nella foto del sito era identificata come Gravenbukta, per cui c’erano pochi dubbi che quella della mia foto non fosse la stessa.

Nei dieci minuti che abbiamo impiegato per andare dalla prima alla seconda spiaggia in un attimo è uscito il sole e il paesaggio è cambiato all’improvviso. Dovevano essere quasi le due e una vaga sfumatura arancione nel cielo sembrava già far pensare al tramonto.

Bodø, Gravenbukta

A vedere Ausvika, non è difficile immaginare perché si riempia di gente quando la stagione lo permette. La spiaggia si apre in una piccola baia che dall’alto ha la forma di un ventaglio perfetto. Il panorama è ovviamente meraviglioso, simile a Gravenbukta, ma più ampia e un pochino più remota.

Lasciata la spiaggia, abbiamo preso un sentiero in mezzo all’erba, in parte fra gli alberi (leggi: i pochi alberi nei dintorni). Abbiamo superato quello che un tempo era un sito funebre dell’era dei Vichinghi. Le tombe erano state poi saccheggiate in un secondo momento (difficile dire quando di preciso), come suggerito dall’andamento del terreno, in cui i Vichinghi erano stati seppelliti con i loro beni di valore – da tempo scomparsi.

Bodø, Ausvika

Vicino ad Ausvika ci siamo fermati su una collina, in un punto in cui le rocce erano a strapiombo sul mare. Lì le guide hanno tirato fuori dagli zaini due thermos giganti, hanno distribuito bicchieri di carta e versato generosi bicchieri di tè bollente fatto con un’erba che si chiama olmaria. Siamo rimasti lì a bere tè circondati dal mare e dalle montagne, mentre soffiava il vento e il sole si accingeva a tramontare. Proprio in quel momento un’aquila di mare ha pensato bene di attraversare il cielo blu proprio sopra le nostre teste. Ho afferrato goffamente la macchina fotografica e, nonostante la sua precaria funzionalità quel giorno, sono riuscita a fare non solo una foto, ma una foto in cui l’aquila sembra effettivamente un uccello e non una lontra volante.

Bodø

Di ritorno verso il bus ho avuto questa conversazione improvvisata con una signora inglese con cui in dieci minuti si è parlato della politica inglese degli ultimi anni, di movimenti separatisti in Europa e di tesi di laurea. Wow. Il bus ci aspettava sul ciglio della strada.

Quando siamo giunti al molo, tutti (tranne me e le guide) si sono affrettati a tornare a bordo dell’Hurtigruten, diretti alle Lofoten. Io sono tornata in centro e ho trovato un bar in cui poter ripensare alla bellezza del pomeriggio e, finalmente, fare l’elenco di tutte le cose appena imparate. /ˈɡɪlɪˌmɒt/ incluso.

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