Gita lungo il Percorso Rosso di Pálava da Mikulov a Popice: 18 km di natura meravigliosa (e un sacco di vigneti!).
29 giu 2017. Ho girato a destra nel vialetto alberato in discesa e ho capito che ero arrivata. Avevo percorso i (circa) 18 km del percorso rosso di Pálava, da Mikulov a Popice. Ero distrutta e ancora non sapevo che avrei dovuto trovare un mezzo per tornare a Mikulov in tempo per prendere almeno il bus delle 18.10 per Brno, visto che quello delle 17.10 tecnicamente era ormai andato.
La strada era bellissima, incorniciata dagli alberi, mentre ai lati si vedevano solo campi di spighe di grano e granturco senza fine.
Credo di poter dire con certezza di non aver mai visto campi di grano così infiniti come lungo il sentiero di Pálava. Che poi, il grado di meraviglia si mantiene su livelli piuttosto alti su tutto il percorso e farei non poca fatica a fare una classifica dei posti che mi sono piaciuti di più, fra tutti quelli che ho visto e fotografato nell’arco della giornata.
Tutto è iniziato verso le dieci del mattino, quando sono scesa dal bus 105 proprio davanti alla stazione di Mikulov. Ero ancora piuttosto assonnata (perché mi ero addormentata sul bus) e non sapevo dove e come trovare informazioni dettagliate sui percorsi escursionistici o, per dire, magari il centro della stessa Mikulov.
‘Grazie’ alla misera connessione del mio telefono, non ero riuscita a scaricare gli screenshot della mappa della zona che avevo preparato il giorno prima, né sapevo che direzione prendere dalla stazione.
Per fortuna, tutte le strade di Mikulov sembrano portare in centro, per cui capire dove andare e a procurarmi mappe degne di questo nome (una, fra l’altro, quella che avevo accuratamente – e, col senno di poi, per niente – fotografato il giorno prima) è stato anche più facile del previsto.

Mikulov
Voglio andare ovunque, è stato il mio primo pensiero quando mi sono seduta sulla panchina fuori dal centro informazioni e ho precariamente appoggiato la mappa sulle gambe per segnare i posti che volevo vedere.
Mikulov è deliziosa: la strada che porta alla piazzetta centrale è fiancheggiata da edifici colorati e curatissimi, ognuno costruito secondo stile e scala cromatica unici.
Ho dato un’occhiata (rapida) in giro e poi sono andata dritta verso la mia prima meta: Svatý kopeček (Collina Santa).
Svatý kopeček è esattamente quello che il nome suggerisce: una collina nell’accezione più elementare del termine. Dalla piazza sembra la classica collina che uno disegna da bambino, verde e a forma di panettone, con edifici in precario equilibrio su tutto il pendio, alla faccia della gravità. Tipo le colline di Peppa Pig, per intenderci.

Collina Santa
Lungo il percorso che porta in cima sono distribuite piccole cappelle con scene scultoree del Calvario, mentre in cima si trova la bianchissima cappella di San Sebastiano.
Non avevo motivi religiosi per arrivare in cima. Il mio obiettivo era il panorama, che, devo dire, vale la salita. Da su Mikulov sembra una trapunta di tegole rosse drappeggiata senza rigore sugli edifici bianchi sottostanti. C’era un sole pallido che filtrava attraverso le nuvole e rendeva l’aria quasi perlata, argentata. Era perfetto.
Mi sono ben presto resa conto che, per i miei standard di gite in solitaria, c’erano anche troppe persone lì intorno, così ho deciso di lasciare Mikulov e seguire il sentiero rosso della mappa. Che, fra l’altro, è molto facile, anche se uno ne conosce a malapena i punti di interesse. Che, fra l’altro, sembrano distribuiti lungo il percorso a intervalli quasi regolari.
Da Svatý kopeček ho seguito i cartelli per le grotte ‘Na Turoldu’. All’inizio volevo anche visitarle, ma poi ci ho ripensato, non perché non ne sarebbe valsa la pena, ma perché non sapevo quanto ci avrei messo e la mia priorità era arrivare il più lontano possibile lungo il percorso.
Dalle grotte i cartelli portano su per un sentiero stretto e apparentemente abbastanza ordinario. Per una buona mezz’ora (o di più?) il paesaggio di riferimento include unicamente alberi sulla destra e vigneti sulla sinistra.
(Nota personale n. 1: Un paio di giorni prima un collega e amico mi aveva anticipato che avrei trovato un bel po’ di vino/vigneti nella zona di Mikulov/Pálava, per cui, quando ho trovato i primi vigneti, ho pensato che bene o male avessi visto quello che c’era da vedere e che quella che avevo davanti fosse un’ampia distesa. LOL.)
Poi, all’improvviso, una strada taglia il sentiero. Questo finisce senza preavviso, così, dallo sterrato all’asfalto. Niente paura, però: noterete ben presto qua e là i rettangolini rossi che vi dicono che dovete girare a sinistra e seguire la strada.
Prima, prendetevi un attimo per realizzare l’effettiva quantità di natura che vi circonda: vigneti, prati e campi di grano. E basta.
(Nota personale n. 2: Altri vigneti! Quanti ce ne sono!)
Ero veramente estasiata da tutto, sia dalla luce (abbagliante quanto può esserlo il sole d’estate in una giornata di vento, ovvero MOLTO abbagliante!) sia dalla vista a 360 gradi, di quelle che ti fanno sentire piccolo così.
Le colline disegnavano una bicromia perfetta nel paesaggio, in cui il verde dei prati e degli alberi era perfettamente accostato al giallo dei campi di frumento. E intendo proprio ‘perfettamente’, perché non c’era una sola sbavatura.
Che poi, sui campi di grano potrei scriverci un papiro e ancora avrei qualcosa da dire sull’argomento.
Innanzitutto, sono davvero del colore dell’oro. Quando c’è il sole, le spighe sono tutte lucide e brillanti, ma appena appena arriva una nuvola, diventano tutte pallide e opache, come viste attraverso un filtro.
Poi, un campo di grano visto dall’alto sembra veramente il mare. A un certo punto, mentre seguivo la strada, ho intravisto una roccia sporgente lì sul ciglio de campo, dall’altra parte della strada. Mentre attraversavo, ho capito di aver raggiunto Kočíčí skála (Roccia del Gatto), uno dei punti del percorso che avevo segnato sulla mappa.
Sono salita sulla roccia, mi sono seduta in cima e sono stata lì a guardare i campi di sotto, ipnotizzata. Il vento era forte e le spighe si muovevano a caso, disegnando vere e proprie onde. Sembravano così leggere e soffici, più della ruvida sensazione che si ha sfiorando la superficie del campo con il palmo della mano.
E ancora, il rumore che fanno è simile a un fruscio: sembra un sussurro, ma diventa fortissimo quando aumenta il vento. mentre ero a Pálava, il vento non è mai calato.

Vista dalla cima della Roccia del Gatto
Poco oltre Kočíčí skála, il mio telefono ha perso anche il poco Internet che già aveva. Ero disconnessa, mi ha detto, e se volevo essere riconnessa rischiavo di pagare tariffe extra, o qualcosa così. Ho deciso che lì sul momento non me ne fregava abbastanza, così ho spento del tutto Internet. A volte bisogna proprio disconnettersi e si sta bene così.
Poco più in là è iniziata la salita verso Stolová hora (Montagna del/a Tavolo).

Montagna del Tavolo
Stolová hora si è rivelata essere uno dei miei punti preferiti lungo il percorso.
Sarà per via della (assai fortunata) serie di coincidenze che hanno portato alla Vista Perfetta, ovvero:
l’erba alta che colorava la collina di giallo scuro (pare che la zona di Pálava sia una delle più a-ride dell’intera Repubblica Ceca),
i cavalli che ho trovato sul sentiero – ho anche cercato di costruire un dialogo, ma erano troppo presi a mangiare l’erba nella loro area cintata perché mi notassero,
poco più avanti, le rovine di Sirotči hrad (Castello dell’Orfano).

Castello dell’Orfano (a destra)
Sarà per via del cielo, solcato qua e là da nuvole bianche e informi, rese ancora più soffici dal vento. Che belle le nuvole. Mi piace il modo in cui fanno vedere la profondità del cielo, al contrario dell’‘ostile azzurro piatto di un cielo di metà estate in piena luce, un azzurro che respinge’, come direbbe Margaret Atwood. Il cielo azzurro è bello, ma con le nuvole è più bello.
Non so quanto fossi arrivata in là lungo il percorso, così ho deciso di proseguire, arrivare al ‘lago’ e, lì, mangiare e considerare le mie opzioni di escursione. (Ovvio che c’è di mezzo anche un lago! Tecnicamente era più un bacino che si apriva lungo il corso del fiume Dyje, ma dalla cima della collina sembrava davvero un lago.)
Sono quindi passata per altri vigneti, quello che si è rivelato essere il tratto più ripido del sentiero (anche se il mare di verde visto dall’alto vale la salita), finché ho raggiunto le rovine di Dívčí hrad.
(Nota personale n. 3: Vigneti, ancora! Fra l’altro, mi preme far notare quanto siano fotogenici.)
Il castello è abbarbicato sulla cima rocciosa della collina, come se ci fosse solo lui. È pur vero che deviano tutti dal sentiero principale per arrivare fin lassù, quindi non ha tutti i torti a fare l’‘esclusivo’ a tutti i costi.
Le rovine, poi, sono super evocative e, per quanto avvolta e travolta dal vento-quasi-tempesta-di-sabbia che soffiava, mi sono più volte chiesta come doveva essere quando il castello era ancora in piedi.
Mentre tornavo giù, attraverso il bosco e verso Dolní Věstonice (dove c’era appunto il ‘lago’), mi hanno fermato due signore ceche di mezza età, che mi hanno solennemente avvertito che un albero era appena caduto proprio sul sentiero. In effetti, poco prima avevo sentito un rumore sordo e netto, per cui lì per lì ho dedotto che fosse appunto l’albero che cascava.
Ho cercato di fargli capire che avrei accuratamente evitato il tronco che giaceva sul sentiero, ma o mi sono spiegata male io o mi hanno ignorata loro. Sì, perché in tutta risposta mi hanno ripetuto più volte che l’albero era appena caduto (‘Spadl strom! Spadl strom!’), gesticolando e indicando vigorosamente il suddetto albero poco distante.
Volevo rispondere che avevo capito, ma temevo che, se l’avessi fatto, ci sarebbe stato altro indicare e gesticolare e speravo di arrivare al ‘lago’ prima che di alberi ne cadessero altri. Così le ho ringraziate entusiasta e sono andata.

Dolní Věstonice
Ho allungato il passo e sono arrivata a Dolní Věstonice. Poi ho avuto questo momento da Forrest Gump, tipo che ‘visto che sono arrivata fino a qui, tanto vale che’ attraversi anche il ponte. Così l’ho attraversato.
Lungo il ponte il vento era talmente forte che facevo quasi fatica a stare in piedi. La vista, però, era veramente sublime, con l’acqua tutta increspata, le nuvole veloci e le rovine del castello ancora visibili in lontananza.
Alla fine del ponte, mi sono ritrovata a Strachotín. Mentre proseguivo lungo la strada principale del paesino, ho sentito la melodia di una tromba e ho visto una chiesa sulla destra. ‘Che bello, c’è la banda che suona!’, ho pensato, salvo poi realizzare che stava per iniziare un funerale, quindi la musica era probabilmente una (obiettivamente vivace, a giudicare dal tono) marcia funebre. Ho assunto un’espressione seria e sono andata, cercando di pescare il panino dallo zaino.

Strachotín
Qualche chilometro di campi e vigneti separa Strachotín da Popice, punto di arrivo del percorso rosso.
Poco prima di arrivarci, ho attraversato una distesa di vigneti (ovviamente) e sono passata accanto a una specie di panca-monumento in legno, tecnicamente a forma di fiammifero ma in realtà alquanto fallica (che poi, siamo in zona Brno, di cosa mi stupisco). Lì è quando ho girato nel vialetto di cui dicevo all’inizio e ho capito di essere arrivata.
Popice era incredibilmente deserta e non c’erano cartelli utili. Molto comodo, soprattutto visto che dovevo capire come tornare a Mikulov e non sapevo da dove cominciare. La stazione dei treni era vuota (ma grazie Bobby per aver guardato gli orari dei treni da lontano) e l’unica fermata del bus che ho trovato mostrava solo nomi sconosciuti.
Dopo aver chiesto due volte (alle uniche due persone in cui mi sono imbattuta), ho raggiunto una fermata del bus (deserta) vicino ai campi, dove 40 minuti dopo è arrivato un bus per Mikulov. L’unico che passa di lì. Così sono riuscita a prendere il bus per Brno delle 18.10.
Seduta in bus, ho ripensato al giro appena fatto e ho pensato che il tempo è buffo e a volte una giornata sembra lunga quanto una settimana. Perché mi sembrava proprio così, e quel mattino mi sembrava lontano anni luce.
E ho pensato alle farfalle e a quante paia di ali colorate avevo visto, intravisto e fotografato sulla via.
Lo so, ho visto e girato solo una piccola parte della zona di Pálava. Se però il percorso rosso dà effettivamente un’idea della natura e dei paesaggi nella regione, devo dire che poche volte le mie aspettative sono state così alte.