Pezzi di città scoperti per caso guardandone la mappa, che altrimenti magari ci avrei messo un sacco a trovarli: Wilsonův les, Náměstí Miru e Kraví hora.
2 gen 2017. Davvero, sono una ‘mappofila’. Che non so neanche se esiste o ha senso come parola, ma confido che se ne intuisca almeno il significato. Amo le mappe e, per quanto io difenda strenuamente l’idea di camminare/passeggiare senza meta, non posso fare a meno di studiare meticolosamente la mappa di quella stessa città che pure amo girare senza sapere di preciso dove sto andando.
Ritengo che questi due approcci (induttivo e deduttivo, ricordate?) siano straordinariamente complementari e siano ugualmente indispensabili e necessari quando si impara a conoscere una città ancora per lo più sconosciuta. Butto regolarmente un occhio alle mappe di Brno che ho raccolto da quando sono qui e, con mia grande gioia, posso dire che i posti che sono andata a visitare dopo averli individuati sulla mappa si sono sempre rivelati sorprese inaspettate e molto belle.
Mi rendo conto che la sequenza ‘segnare sulla mappa-andare a vedere di persona-rimanere senza parole’ funziona particolarmente bene se applicata a parchi, boschi e, in generale, aree verdi. La cosa, tutto sommato, non mi sorprende più di tanto. In fondo, anche una mappa dettagliata e accurata difficilmente riporta ogni singolo sentiero o tracciato, tanto più che di solito le aree verdi sembrano tutte uguali: delle ‘macchie’ monocrome, spesso e volentieri un po’ informi e tutte dello stesso colore. Il che fa sì che ci si perda più facilmente, ma aumenta anche le probabilità di imbattersi per caso (per non dire ‘per errore’) in angoli o viste meravigliose.
Ne è la prova Wilsonův les (bosco Wilson): mi ha veramente lasciato a bocca aperta quando ci sono capitata la prima volta, ovviamente per caso, un pomeriggio d’inverno. Fra l’altro, ne ho imparato il nome solo ore dopo, quando, comodamente seduta al tavolo della cucina, ho volute cercare su Google maps il posto in cui avevo passato (e avrei continuato a passare) così tanto tempo.
Il giro a piedi di quell pomeriggio l’avevo pianificato al mattino, usando la mappa di Brno che, fra tutte quelle che ho, mostrava un’area urbana più estesa rispetto al solo centro città. Il tempo è stato particolarmente generoso, vista la perfezione meteorologica di quel giorno. Non credo di aver mai visto un cielo tanto azzurro da quando sono a Brno e, nonostante l’aria fredda, il sole arrivava perfino a scaldare le guance.
Volevo arrivare a Náměstí Miru (Piazza della Pace), perché avevo visto la scritta sul tram 4, di cui è il capolinea. Volevo vedere com’era: aveva un nome così solenne. Bobby, poi, aveva nominato quasi per caso Kraví hora (collina Kraví), anch’essa situata in zona e, visto che anche quella mi suonava bene, avevo deciso di andare a dare un’occhiata.
Mi sono poi resa conto che Náměstí Miru si trova alla fine di via Údolní e che, benché parecchio ampia, la piazza non è tanto immensa come il nome me la faceva immaginare: per due terzi è occupata dalla Chiesa di Sant’Agostino e dalla fermata del tram. Kraví hora, invece, si trova a destra della piazza ed è verde e rilassante come il salvaschermo di un desktop, solo che è reale e parecchio battuta dalla gente del posto.
La passeggiata da via Údolní alla piazza ha confermato un’impressione che Brno mi aveva fatto già un paio di volte, quando ero andata a visitare zone più tranquille e decentrate della città, ovvero quanto queste zone non c’entrino nulla con lo stile architettonico o l’aspetto urbano del centro storico, ma siano invece incredibilmente simili fra loro e, in un certo senso, simili a località di montagna con poca gente in giro.
Questo aspetto ‘rurale’ si spiega in parte con il fatto che il distretto di Brno in cui si trova il bosco Wilson (Žabovřesky) è il risultato della fusione di tre villaggi (già insediamenti agricoli), che sono poi diventati parte di quella che è nota come ‘area urbana di Brno’. Per farla breve, la zona di Náměstí Miru è un po’ periferica per definizione.
Prima di salire sulla collina (dove, fra l’altro, si trovano il planetario, l’osservatorio e un museo di dinosauri da-visitare-quanto-prima), mi sono data un’occhiata in giro. Solo che si dà il caso che io abbia deciso di fare due passi in via Krondlova e… diciamo che poco dopo mi sono ritrovata a passeggiare lungo uno stretto sentiero nel mezzo di un bosco urbano mai visto prima, affacciato sulla città e fatto di alti e sottili alberi spogli.
Non avevo idea di dove stessi andando, ma ho proseguito: ormai volevo vedere dove portava. Senza contare che era bellissimo. Seriamente, non mi aspettavo di ritrovarmi in un posto così, ma che fortuna essere capitata per sbaglio davanti a uno dei sentieri. A parte qualcuno del posto, impegnato a portare fuori il cane (o a farsi portare in giro da quest’ultimo), c’erano solo alberi, cielo blu e silenzio.
Il sole stava già calando, quindi mi sono affrettata: non avevo idea di quanto ci avrei messo a tornare al punto di partenza. Alla fine mi sono ritrovata in via , che mi ha inaspettatamente riportato proprio ai piedi di Kraví hora.
Il sole stava ormai sprofondando lentamente e la luce aveva una tonalità calda che faceva sembrare dorata anche l’erba della collina. Mi sono fatta l’appunto mentale di tornare con calma a Kraví hora, perché il sito di atterraggio degli UFO e il dinosauro che si intravedeva attraverso la vetrata contribuivano a fare della zona un luogo di interesse di tutto rispetto.
Mentre scendevo per il sentiero sul lato della collina dalla parte opposta a , è diventato sempre più freddo. Ho fatto del mio meglio per passeggiare lungo via Veveři più a lungo possibile, ma quando via Veveři era diventata via Mlinka già da un po’ (e sembrava di essere lontana anni luce dalla Brno conosciuta fino ad allora), io e i miei piedi abbiamo detto basta. Ho quindi rifatto via Veveři fino all’inizio, dove la strada sbuca su Moravské náměstí.
Quando sono arrivata lì, il sole era sparito da un pezzo, il cielo era quasi buio e i dieci minuti rimasti prima che arrivasse il bus decisamente troppi per le mie dita congelate. Eppure, riuscivo solo a pensare: ‘Che bello’.