Storia di quel giorno in cui a Rovaniemi ho incontrato Babbo Natale e poi ho guidato una motoslitta nella taiga finlandese. Ed è stato bellissimo.
Tralascerò la parte in cui, subito dopo l’atterraggio, il bus che ci è venuto a prendere ci ha portato (leggi: ‘scortato’) in questo edificio sperduto da qualche parte fuori città. Qui ci hanno fatto sedere tutti in una stanza perché ascoltassimo attentamente le regole che avremmo dovuto seguire per tutto il weekend. Il lato positivo è che ci hanno dato i vestiti termici necessari a resistere alle temperature artiche e super artiche che avremmo dovuto affrontare nella taiga finlandese.
Lasciati i bagagli in hotel (finalmenteee), sono subito uscita a darmi un’occhiata in giro. Ci ho messo circa mezz’ora ad attraversare il ponte accanto all’hotel, costeggiare una riva del laghetto ghiacciato, attraversare un altro ponte e costeggiare la riva opposta del laghetto. È stata una delle passeggiate più brevi di sempre, ma ci voleva un sacco per prendere una boccata d’aria, senza contare che era tutto bianco e l’aria era così fredda e pungente che ancora non riuscivo a crederci: ero in Lapponia!
Il mattino dopo, ovviamente, ero super esaltata, anche se sapevo che almeno l’intera mattinata sarebbe stata dedicata tutta a Babbo Natale e i suoi amici. Ma andiamo con ordine. Queste sono tutte le cose che ho fatto il primo giorno a Rovaniemi.
Babbo Natale
La mattina alle 8.30 la coda fuori dalla casa di Babbo Natale era già lunga. Non che la cosa riguardasse noi, visto che per qualche motivo a me oscuro ci siamo ritrovate proprio per prime davanti all’entrata: erano tutti dietro di noi. Ancora non mi spiego come sia successo, comunque sì, io e Marti quel mattino eravamo le prime ospiti della casa di Babbo Natale.
Da un punto di vista strettamente personale, non è stata quella la parte più esaltante della giornata, ma devo ammettere che se mi avessero portato in giro per queste stanze un po’ di anni fa, la me stessa di otto anni avrebbe probabilmente condiviso l’entusiasmo delle mie nipoti lì fuori.
C’era tutto, dagli elfi che facevano i sacchi di giocattoli a decorazioni da sogno che, a vederle, suscitavano esclamazioni di stupore nei genitori anche più che nei figli, alla musica gioiosa sempre in sottofondo. Va da sé che il meglio viene alla fine, ovvero con l’incontro ufficiale con Babbo Natale in persona. Lui se ne sta lì seduto su una sedia nella stanza più variopinta della casa e accoglie i visitatori uno dopo l’altro con modi cordiali e un impeccabile mustacchio.
L’incontro dura solo pochi secondi e si conclude con una (ahem, costosa) foto ufficiale di gruppo che per molti piccoli ospiti diventa ‘Il Souvenir Unico e Solo’ del viaggio. Questo è (forse) eguagliato solo dall’Ufficio Postale di Babbo Natale, che si trova poco distante dalla casa, nello stesso piazzale. Quale bambino non vorrebbe imbucare la propria letterina a Babbo Natale all’ufficio postale al cui cospetto tutti gli altri uffici postali diventano tristi e banali?
Giro in motoslitta
Lasciata la ‘tenuta’ di Babbo Natale, abbiamo (diligentemente) percorso un sentiero innevato che portava a uno spiazzo in cui c’erano circa quindici motoslitte messe tutte in fila apposta per noi. Sapevo che sarebbe giunto il momento in cui la guida ci avrebbe fatto salire su una motoslitta e ci avrebbe chiesto chi voleva guidarla e chi voleva farsi portare. Non sapevo bene cosa fare, tanto più che non ho mai neanche guidato un motorino, figuriamoci una moto. Potevo fidarmi?
Poi, però, ho pensato che non sapevo neanche se avrei mai avuto una seconda occasione di guidare una motoslitta nella taiga lappone: come potevo lasciarmela scappare? Così ho detto sì e mia mamma ha avuto abbastanza coraggio da dire che si fidava a venire con me, così si è seduta dietro di me e ho acceso il motore. No, un attimo, il motore l’ha acceso una delle guide, che l’ha poi acceso a tutti e ci ha dato dritte e consigli su cosa (NON) fare. Ciò detto e fatto, siamo partiti. Davanti a noi, il sentiero più bianco che c’è.
Guidare una motoslitta rientra senz’ombra di dubbio fra le cose più fantastiche e straordinarie che io abbia mai fatto nella vita. Forse la può eguagliare solo il fatto di guidarla una seconda (e terza, e quarta…) volta. Seriamente: è stato incredibile.
Non riuscivo a tenere il visore sulla faccia, perché era tutto troppo bianco e, se lo tenevo giù, non riuscivo a capire dove finiva il sentiero e dove iniziava il campo aperto. Il risultato era che mi scendevano le lacrime sulle guance per via del freddo e del vento, solo che ghiacciavano all’istante, sembrava assurdo!
L’unico rumore che sentivo era il motore della motoslitta. A parte quello, tutto era avvolto in uno spesso strato di bianco che allontanava qualsiasi suono udibile all’orecchio umano. Come avrei voluto fermarmi un attimo, scendere da quello che era già diventato uno dei miei mezzi di trasporto preferiti e guardare il paesaggio.
Ma non potevo fermarmi, perché la mia motoslitta era solo un anello in una lunga catena di motoslitte che sfrecciavano (o, per lo meno, ci provavano) nel bosco a rigorosa distanza di sicurezza l’una dall’altra.
A un certo punto, però, ci siamo dovuti fermare davvero un paio di minuti per aspettare quelli che erano rimasti indietro. È lì che ho effettivamente provato a non ascoltare nessun rumore o suono prodotto da atri esseri umani, ma solo a guardare il paesaggio. Sono abbastanza sicura che quel paesaggio lo ricorderò a lungo come uno fra i più belli di sempre. Il sole era a malapena sopra l’orizzonte, e, comunque, dal punto in cui ci trovavamo non riuscivamo a vederlo.
La luce era trasparente, tanto che sembrava quasi azzurra e proiettava sulla neve la stessa sfumatura di azzurro ghiaccio. Gli alberi innevati erano un mare che si perdeva nell’orizzonte e la neve sembrava un bianchissimo fino piumone. E va bene, Babbo Natale, se questo è un modo per ripagarmi del fatto che abbia dovuto posare con te nella tua casa giocattolo gigante, lascia che ti dica: è un piacere fare affari con lei.